La Pasqua è la vittoria di Cristo sul mondo
Gesù è il Verbo di Dio, la seconda persona della Santissima Trinità, Dio vero da Dio vero. Eterno quanto alla divinità, nato nell’anno zero nel candido seno della Vergine Maria quanto all’umanità.
Gesù si è fatto uomo per salvarci, per redimerci, per espiare i crimini dell’umanità e per darci l’esempio di una vita umanamente divina e divinamente umana.
Ma Gesù, ci ha salvati con il suo sangue prezioso, sparso in maniera sovrabbondante per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Cristo ci ha redenti attraverso la penitenza, il dolore, la mortificazione e l’eroismo, specie davanti alla morte, la persecuzione e l’avversità
La cosiddetta Passione, “è il complesso dei dolori e delle sofferenze che Cristo sostenne nello spirito e nel corpo specialmente nell’ultimo periodo della sua vita, che ebbe come epilogo la tragedia della Croce” (Pietro Parente, Antonio Piolanti, Salvatore Garofalo, Dizionario di teologia dommatica, Studium, 1952).
Alcuni eretici dei primi secoli, ripresi purtroppo ai giorni nostri, negarono la fisicità reale del corpo di Cristo e quindi i suoi patimenti. Altri, detti teopaschiti, “attribuirono la passibilità alla Divinità stessa”. Dio Ottimo Massimo, immutabile, ineffabile e beatissimo in sé stesso, proverebbe dolore e sofferenza, il che evidentemente non può ammettersi.
La Chiesa, insegnano gli autori citati, ha sempre riconosciuto che Gesù come uomo provò vero dolore nella carne e nello spirito, senza che questi dolori si riflettano sulla sua coessenziale ed inalterabile divinità.
“A provare la verità e la realtà del dolore e di tutta la passione di Cristo basta leggere l’Evangelo, dove si parla con linguaggio realistico della sua stanchezza (Gv 4,6), della sua fame, della sua sete (Mt 4,2 e Gv 19,29), della sua mortale tristezza fino a sudar sangue (…). San Tommaso dimostra che il dolore di Gesù Cristo proporzionatamente al suo infinito amore, fu massimo per estensione e intensità; nondimeno la sua anima, anche durante la passione, continuò a godere della visione beatifica con la facoltà intellettiva, simile a una montagna che svetta nel sole, mentre sui suoi fianchi scroscia la tempesta” (op. cit. p. 251).
Insomma per vivere da veri imitatori di Cristo, bisogna accettare di soffrire, nell’anima e nel corpo. Vita militia est super terram. Solo il lottatore, l’eroe, il “violento” (cf. Mt 11,12) conquista la Gerusalemme celeste, e la conquista a prezzo di rinunce, di fatiche, di contrasti, di slanci molte volte incompresi. La vita beata del cielo non è certo per i passivi, i mediocri, i mollicci, gli ignavi e l’uomo omologato e conformista di oggi.
Pochi giorni fa, il militare francese Arnaud Beltrame (1973-2018), durante l’ennesimo attentato dello Stato Islamico in Europa, ha offerto la propria vita, volontariamente, per la salvezza di una sconosciuta.
Beltrame, nato da una famiglia laica, verso i 30 anni ha iniziato un cammino serio di conversione, come ha ricordato il suo padre spirituale, il monaco Jean-Baptiste Golfier, dei canonici della Madre di Dio dell’abbazia di Lagrasse. Padre Golfier, ha dato alla stampa una splendida testimonianza sulla vita spirituale intensa dell’eroico milite, il quale, assieme alla fidanzata Marielle, frequentava attivamente l’abbazia, e ne aveva assunto l’ideale di vita fatto di rinuncia al benessere e alla comodità, zelo per la salvezza delle anime, abnegazione, ascesi…
L’abbazia di Lagrasse infatti fa parte di quelle magnifiche oasi spirituali (come Fontgombault, Le Barroux, Chéméré, Bellaigue, etc.) che sono il giglio più bello e profumato della iper-secolarizzata e decadente società francese di oggi.
La crisi di fede e della trasmissione della fede che ha fatto seguito, più o meno universalmente, al Concilio Vaticano II in Francia era iniziata già da alcuni decenni, almeno come prodromi e sintomi profondi.
Lo storico Chiron, che da decenni ci descrive la storia autentica del cattolicesimo europeo, lo ha notato in un ottimo libro appena pubblicato (cf. Yves Chiron, L’Eglise dans la tourmante de 1968, Artège, 2018). Per esempio, il calo delle vocazioni sacerdotali in Francia, ha preceduto la svolta conciliare. Se nel 1948 ci furono circa 1800 ordinazioni, nel 1956 (solo 8 anni dopo) esse furono 825, e nel 1965 solo 646. (Negli anni più recenti esse raggiungono a mala pena le 100 unità: ma questa è un’altra storia…).
Come noto, dopo il Concilio e la rivoluzione dei costumi del 1968, è iniziata quella parabola discendente del cattolicesimo francese, ed europeo, che tutti conosciamo assai bene. Se negli anni dell’immediato post-Concilio la pratica religiosa domenicale si attestava in Francia attorno al 20% dei battezzati, oggi non supera il 5%, e in alcune zone non arriva al 3%.
Ebbene, cosa predicavano i teologi più in vista del progressismo e del neo-modernismo in quegli anni da cui ancora dipendiamo culturalmente? Esattamente, l’opposto di ciò che il grand’uomo Arnaud Beltrame ci ha testimoniato, alla sequela di Cristo.
Il domenicano francese Jean Cardonnel (1921-2009), proprio 50 anni fa, durante il fatidico 1968, predicò a Parigi sul Senso rivoluzionario della Quaresima (testuale!). In queste tre conferenze-prediche, tenute esattamente il 22 e il 29 marzo e il 5 aprile, espose le idee avanzate per cui divenne celebre e mitizzato poi.
Disse alla folla di cattolici che lo seguiva che “la quaresima non ha nulla a che vedere in sé con la penitenza-mortificazione, la quale è una pratica pagana e masochista (…). Lo sciopero generale di protesta, non istintivo ma ragionato contro l’ingiustizia strutturale del mondo, ecco il compimento di una quaresima che piace a Dio”…
Gesù Cristo però, come abbiamo mostrato sopra, ci ha redenti con il suo sangue, la sua passione e la sua morte di croce. Rifiutare la penitenza e la mortificazione, come pratiche non cristiane, vuol dire cancellare il crocifisso, trasformare la religione da culto di Dio, a culto dell’Uomo, a cui tutto è dovuto.
Sottilmente, come accaduto di fatto, si è passati, dal teocentrismo cristiano-cattolico, all’antropocentrismo laico e illuminista. Dalla superiorità ontologica di Dio su ogni altro essere pensabile, all’umanesimo integrale (e integralista) di chi crede che l’uomo moderno sia il Supremo e Unico legislatore dell’universo.
La Pasqua ci aiuti a riscoprire la bellezza della vita cristiana autentica, bellezza del dono di sé per amor di Dio e dei fratelli. Bellezza e freschezza sempre antica e sempre nuova, come quella che un militare cattolico ha saputo realizzare giorni fa.
Antonio Fiori