IL SERVO DI DIO JÉRÔME LEJEUNE
“Voi che siete a favore della famiglia sarete presi in giro, si dirà che siete fuori moda, si dirà che impedite il progresso scientifico, si dirà che cercate di mettere il bavaglio alla scienza attraverso una morale superata. Ebbene, vorrei dire proprio a voi di non aver paura: voi trasmettete le parole della vita.”.
Sono dichiarazioni di Jérôme Lejeune (1926–1994), che, da medico pro life, spese vita e carriera battendosi contro la cultura della morte, contro la diffusione dell’aborto, negandosi per sempre una certa fetta di sostenitori e finanziatori, che probabilmente lo avrebbero designato al premio Nobel.
Fu genetista e pediatra francese, nonché ricercatore per le malattie derivanti dalle malformazioni cromosomiche. I suoi studi col professor Raymond Turpin misero in evidenza come nei tratti fisici, addirittura delle mani del feto, si potessero già individuare le caratteristiche psicofisiche della persona in formazione.
90 anni prima il professor Down era giunto all’errata, quanto discriminante, conclusione che il mongolismo fosse dovuto a fenomeni razziali o a genitori alcolisti o affetti da qualche patologia. Lejeune arrivò a spiegare invece che “Le malattie dell’intelligenza sono legate all’intasamento delle sinapsi che diminuisce la velocità, il rendimento, e fa sì che alcuni circuiti non terminino il lavoro prima che altri si mettano in moto, trasmettendo così un’informazione incompleta; questa viene trasmessa ad un altro circuito dove viene elaborata in modo ancora più incompleto e così, di incompletezza in incompletezza, si arriva alla scomparsa totale del messaggio nervoso.”.
Così arrivò a scoprire le cause della sindrome di Down (Trisomia 21), l’anomala esistenza di un quarantasettesimo cromosoma (identico a quelli del ventunesimo paio) nel DNA.
E per la prima volta la scienza definì un legame tra il ritardo mentale e l’anomalia cromosomica.
I suoi studi furono mirati, da allora, a cercare di prevenire la sindrome, ma per questo Lejeune visse una delle più grandi delusioni della sua esistenza: si accorse che la comunità scientifica stava usando le sue scoperte per avvalorare una legge promossa dagli abortisti, la proposta PeyretIn del 1975, per la soppressione in utero dei feti malformati.
Lejeune, cristiano convinto, si oppose con tutte le sue forze e difese gli embrioni ad ogni costo, dicendo la propria anche su altri argomenti discussi, come la teorie evoluzionistica che mai considerò del tutto esaustive, sul Ru486 (un pesticida umano), sulla contraccezione, sulla fecondazione extracorporea, sulla pornografia … Attirò molte critiche, che lo resero impopolare nei suoi ambienti, lui che, già nel 1964, si era recato in Russia per studiare le anomalie cromosomiche indotte da quantità anche minime di radiazioni, denunciando la pericolosità dell’uso delle armi nucleari. Dirà in seguito: “Le radiazioni, agirebbero su numerosi feti, comportando lesioni cerebrali e deficienze mentali irreversibili. Aumenterebbe l’incidenza di numerosi tipi di cancro e molti deterioramenti genetici potrebbero essere trasmessi alle generazioni future, ammesso che ve ne siano. Non parlarne è rischiare di tradire noi stessi, rischiare di tradire la nostra civilizzazione.”.
Giovanni Paolo II, nel 1978, lo nominò membro della Pontificia Accademia delle Scienze e del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari.
Nel 1994, diviene presidente della Pontificia Accademia per la Vita, anch’essa promossa da Papa Giovanni Paolo II.
Ricordiamo che, nel 1988, si battè anche per confutare gli studi scientifici che volevano distruggere la credibilità e l’originalità della Sacra Sindone, ottenendo ottimi risultati.
Nel 1996, in sua memoria, nacque la “Fondazione Jérôme-Lejeune”, per portare avanti gli studi e i principi del medico, con la ricerca, la cura, la difesa della vita e dei genitori in difficoltà.
Voleva che scienza e coscienza cooperassero per il progresso medico, come non mancò mai di sottolineare nei suoi testi e nei tanti interventi: “La compassione per i genitori è un sentimento che ogni medico dovrebbe avere. L’uomo che riesce ad annunciare a dei genitori che il loro bambino è gravemente malato, senza sentire il cuore schiantarsi al pensiero del dolore che li assalirà, non è degno del suo mestiere. Non è commettendo un crimine che si protegge qualcuno da una disgrazia. E uccidere un bambino è semplicemente omicidio. Non si dà sollievo al dolore di un essere umano uccidendone un altro. Quando la medicina perde tale consapevolezza, non è più medicina.”.
Oggi Lejeune è Servo di Dio; Padre Jean Charles Naud, priore dell’abbazia di Saint Wandrille, è stato il promulgatore della sua causa di beatificazione nel 2012, nella cattedrale di Notre-Dame de Paris, di cui si attende la divulgazione.