Un migrante è stato incriminato per il rogo di due chiese in Norvegia. Ha spiegato di essersi vendicato di “un’offesa al Corano”.
L’uomo, un richiedente asilo somalo ventenne, era arrivato nel Paese nel 2015, da allora non aveva mai svolto un lavoro vero e proprio, ma aveva svolto dei tirocini presso il Comune di residenza. Il crimine è stato compiuto lo scorso febbraio. Ora, dopo l’incriminazione davanti alla magistratura, ha confessato le motivazioni del suo attacco incendiario alle chiese dello Stato che da cinque anni lo stava ospitando.
La ragione del suo attacco sarebbero da riscontrare una volontà di vendicare delle offese subite, a suo giudizio, dall’islam. Dal 2015 l’uomo ha vissuto in un centro di accoglienza per richiedenti asilo, poi ha ricevuto un permesso di soggiorno. Così ha svolto i tirocini nel suo Comune di residenza situato nel distretto di Gudbrandsdalen, nell’area est del Paese scandinavo.
Fino all’autunno 2019 non c’erano stati problemi, poi in quel periodo si verificò, per mano di un’organizzazione locale nazionalista nella città di Kristiansand, un rogo del Corano. Il fatto sarebbe avvenuto nel corso di una manifestazione, conclusa peraltro con una violenta rissa e con degli scontri tra la polizia e gli attivisti di destra che manifestavano al corteo.
Gli uomini, che si fanno chiamati “rappresentanti di Sian”, hanno appicato il fuoco al Corano in segno di “libertà di pensiero e di espressione”. Facendo però uno sgarbo ai musulmani presenti in città che hanno interpretato il gesto come una grave offesa nei loro confronti, un attacco personale insomma.
Così il ventenne somalo ha deciso di replicare alcuni mesi dopo, nel febbraio di quest’anno, appiccando il fuoco a due chiese cristiane luterane. La prima, nel villaggio di Dombas. La seconda, nel comune di Sel, nello stesso distretto di Gudbrandsdalen. I due gesti avrebbero causato danni per un valore complessivo di più di 1,8 milioni di euro.
L’uomo è stato arrestato e portato davanti ai magistrati, dove ha preso collaborato fornendo anche dichiarazioni ritenute importanti. La sua “spiegazione” è stata che nessuno ha punito gli uomini che hanno bruciato il Corano, e questo è stato ritenuto da parte sua un atto ingiusto. “Mi sono arrabbiato. Il Corano significa tutto per noi”, avrebbe detto l’uomo.
“Sono grato per come mi hanno ricevuto a Dombas. Ma ho iniziato a controllare, e ho scoperto che la persona che aveva appiccato il fuoco al Corano, non era stata punita”, ha così dichiarato l’uomo ai media norvegesi. “Poi mi sono arrabbiato. Sono musulmano. Non mi piace che qualcuno calpesti la mia religione, perché rispetto la religione degli altri”.
Tuttavia l’uomo, che ora però in caso di condanna rischia 15 anni di carcere, si è anche detto pentito e dispiaciuto del suo gesto. “Sono molto dispiaciuto, e me ne rammarico. Avrei dovuto rispondere al rogo del Corano verbalmente, e non con l’azione”.
Giovanni Bernardi
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