Attraverso le rivelazioni alla Serva di Dio Teresa Helena Higginson, ciò che Gesù visse nel Getsemani si fa più vicino alla nostra comprensione.
La Serva di Dio Teresa Helena Higginson (Regno Unito, 1844 – 1905) fu mistica ed insegnante cattolica. Ricevette da Gesù numerosissimi doni spirituali, tra cui quello di propagare la devozione del Suo Sacro Capo, in riparazione all’orgoglio intellettuale che dilaga nel nostro tempo.
Gesù disse a Santa Faustina Kowalska riguardo alla Sua Passione: “Un‘ora di meditazione sulla Mia dolorosa Passione ha un merito maggiore di un anno intero di flagellazioni a sangue”. Ecco un estratto dove poter anche minimamente sfiorare col cuore il mistero insondabile della Passione e della misericordia di Gesù per noi.
“Nel Gethsemani conobbi i peccati di tutti gli uomini. Fui fatto quindi: ladro, assassino, adultero, bugiardo, sacrilego, bestemmiatore, calunniatore e ribelle al Padre che invece ho sempre amato. Io, puro, ho risposto al Padre come se fossi macchiato di tutte le impurità. Ed in questo, appunto è consistito il Mio sudare sangue: nel contrasto del Mio amore per il Padre e la Sua volontà che voleva addossarmi tutto il marciume dei Miei fratelli.
Ma ho obbedito, sino alla fine ho obbedito e per amore di tutti mi sono ricoperto di ogni macchia, pur di fare il volere di Mio Padre e salvarvi dalla perdizione eterna. Nessuno crederà che molto più soffrii allora anziché sulla Croce, pur tanto e tanto dolorosa, perché chiaramente ed insistentemente Mi fu mostrato che i peccati di tutti erano fatti Miei ed Io dovevo risponderne per ciascuno.
Sicché Io, innocente, ho risposto al Padre come se fossi veramente colpevole di disonestà. Considera, perciò, quante agonie più che mortali ho avuto in quella notte e, credimi, nessuno poteva alleggerirmi di tali spasimi, perché, anzi, vedevo che ognuno di voi si è adoperato per rendermi crudelissima la morte che ad ogni attimo Mi veniva data per le offese di cui ho pagato interamente il riscatto.
Più di quanto l’uomo può capire ed oltre ogni immaginazione, provai in Me stesso abbandono, dolore e morte. Nessuna grandezza maggiore potete attribuirmi che questa: essere divenuto centro, bersaglio di tutte le colpe vostre. Immensamente conobbi il peso delle offese che al Padre Mio furono e sarebbero state fatte.
La Mia Divinità, avendo preso per suo proprio strumento la Mia Umanità, Mi partecipava la bruttezza che nasconde la ribellione e la conseguente disubbidienza, trasformando il tutto in gemiti e martirii nell’Anima e nel Corpo.
Ma un solo istante sarebbe bastato, un solo Mio sospiro avrebbe potuto operare la Redenzione per la quale ero stato inviato; eppure moltiplicai questi sospiri, prolungai il Mio vivere quaggiù, perché Sapienza e Amore così volevano. Giunto, però, alla fine volli come intensificare in Me stesso ogni genere di patimenti: vidi tutto ciò che dovevo redimere e che tutto Mi era addossato come cose Mie.
Fù lì, nell’Orto, il culmine del dolore e Uomo quale Io volli essere, fui atterrato, sopraffatto, fisicamente distrutto. Venne l’Angelo Mio e mi ristorò mostrandomi le pene che altre Mie creature fedeli avrebbero sofferto per questo Mio soffrire; non gloria Mi fu mostrata ma amore, compassione, unione.
Ecco come ripresi animo, ecco come diedi a Me stesso sollievo e forza. Pianto e lotta, sangue e vittoria, ho portato agli uomini, ingrati ed immemori, per quella notte di grande sconforto. Fu notte di redenzione, in cui Mi sostituii ad ogni peccatore e ne presi ogni colpa, ma, oltre a ciò volli racchiudere anche le pene tutte degli uomini e soffrirne intensamente.
Miei cari, il Gethsemani è un mare senza confini, un oceano in carità nel quale ogni persona, ogni colpa, ogni dolore venne sommerso ed Io sentii realmente: non in via immaginaria, tutta la gravezza che nel mondo sarebbe discesa. Amore per il Padre, amore per gli uomini, Mi fecero vittima volontaria. Se uno di voi avesse potuto vederMi, sarebbe morto di spavento per il solo aspetto fisico che avevo preso.
Poiché non trattavasi di un solo tipo di pena, non si trattava di un solo anelito, ma di mille, milioni di aneliti tutti compressi in Me. Io fui capace di abbracciare ogni vostra colpa e tutte le vostre sofferenze. Io solo sono stato capace di sentire, dico sentire, tutte le vostre pene, perché Io ero voi e voi eravate Me.
Notte di tragedia, notte oscura per la Mia Anima che inoltravasi titubante fra gli ulivi del Gethsemani. Il Padre Mi preparava l’Altare sul quale Io, Sua Vittima, dovevo essere Immolato. Io dovevo prendere le colpe degli altri e Colui che Mi aveva mandato, attendeva quella notte per dare agli uomini la misura del Suo Amore, col sacrificio totale di Me, Suo Figlio e Sua Prima Creatura.
Laggiù fra gli ulivi del Getsemani, il peccato degli uomini ebbe sconfitta definitiva perché fu in quel luogo che Io Mi Immolai e vinsi. E’ vero che sarebbe bastato un solo sospiro nel mondo per dar redenzione a tutti, ma è anche vero che un’opera è completa quando raggiunge il culmine voluto, come dire che, essendo stabilito che Io pagassi per tutti sottoponendomi alle umiliazioni della Passione, soltanto con la Immolazione potevasi raggiungere lo scopo voluto dal Padre.
Difatti, il merito fu infinito in Me, qualsiasi cosa Io facessi, tuttavia la volontà Divina voleva la Mia umiliazione sotto la Sua potente mano, a titolo di completamento della Sua e Mia opera: perciò col Gethsemani si adempì la prima parte di tale volontà e la parte principalissima. Lentamente, quasi privo di forze, ero giunto ai piedi di quell’altare sul quale il Mio Sacrificio stava per iniziarsi e consumarsi.
Che notte fu quella! Quale angoscia, nel Mio cuore, al pensiero, alla visione terrificante dei peccati degli uomini!
Ero la Luce e non vedevo che tenebre; ero il Fuoco e non sentivo che gelo; ero l’Amore e non sentivo che il disamore; ero il Bene e non sentivo che il male; ero la Gioia e non avevo che tristezza, ero Dio e Mi vedevo un verme, ero il Cristo, l’Unto del Padre e Mi vedevo lordo e ributtante, ero la Dolcezza e non sentivo che amarezza; ero il Giudice e subivo la condanna, la vostra condanna; ero il Santo, ma venivo trattato come il massimo peccatore; ero Gesù, ma sentivo chiamarMi soltanto con nomi di vitupero da satana; ero la vittima volontaria, però la Mia stessa natura umana Mi faceva sentire tremore e debolezza e chiedeva l’allontanamento di tutta la sofferenza in cui trovavasi; si, ero l’Uomo di tutti i dolori cui era sfuggita la gioia della donazione di Me stesso che avevo fatto con trasporto tutto Divino.
E tutte queste cose, perché? Ve l’ho già detto: Io ero voi, perché voi dovete divenire Me.
La Mia Passione… Oh! che abisso di amarezze ha racchiuso! E come è lontano chi crede di conoscerla soltanto perché pensa alle sofferenze del Mio Corpo!
Guardate al Gethsemani, guardatemi disfatto nell’Orto e unitevi a Me! Torno oggi a voi per ricordarvi di guardare bene il Mio viso triste, di considerare meglio il Mio sudore di Sangue.
Non vi interessa molto questa Passione sconosciuta? Non vi pare che merito più considerazione, migliore attenzione? Anime Mie care! Tornate al Gethsemani, tornate con Me nel buio, nel dolore, nella compassione, nell’amore doloroso!
E tu, come ti trovi ora? Intendi, dunque, che ti faccio simile a Me? Posa anche tu le tue ginocchia sulla terra del tuo sacrificio e dì con Me: Padre, se è possibile, allontana da me questo calice: però non si faccia la mia, ma la Tua volontà. E quando avrai detto con intima convinzione “fiat”, allora cesserà tutto e sarai rinnovato nel Mio Amore.
Guardate al Gethsemani, guardatemi disfatto, nell’Orto e unitevi a Me! Quanto a Me il soffrire che fu, ora Mi sarà dolcissimo se vi metterete nella considerazione delle Mie pene. Non temete di entrare con Me nel Gethsemani: Entrate e vedete. Se, poi, vi parteciperò sensibili angosce e solitudini, ritenetele Miei veri doni e non vi smarrite, ma con Me dite: Padre, non la mia volontà, ma la Tua si faccia!
Pregatemi, perché voglio sia conosciuto come ho amato tutti voi in quell’ora di abbandono e di tristezza senza nome”.
(dal libro: Anonimo del XX secolo Parole di cielo in 3 volumi 7 ediz.)
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