Sono passati nove anni da quel momento che segnò in maniera profonda l’oggi della Chiesa cattolica: un passaggio epocale che ancora si fa fatica a comprendere e su cui bisognerà riflettere ancora a lungo.
Ciò che resta è la grandezza della figura di Benedetto XVI, che emerge sopra ogni polemica anche negli ultimi giorni.
Benedetto XVI l’11 febbraio 2013 lasciava il Pontificato, cambiando in maniera potente la storia della Chiesa. Le ragioni dietro quel gesto ha provato a spiegarle lo stesso Ratinzger in diverse interviste, affermando che le sue condizioni fisiche non gli permettevano di portare avanti nel migliore dei modi il ruolo di guida della Chiesa universale. Tuttavia, molti intellettuali e storici continuano a tenere vivo il dibattito sulle tante cause che hanno portato a questo gesto che ha lasciato sconvolti il mondo intero.
Soprattutto, interessa comprendere cosa ci sia stato davvero dietro. Negli anni si sono fatte avanti le testi più disparate, dalle pressioni internazionali degli Stati Uniti di Obama a una lobby che agisce tutt’ora all’oscuro in Vaticano e nel mondo, in combutta con la massoneria internazionale, fino alle tesi che affermano che Ratzinger non si è veramente dimesso ma che al contrario sia il vero Papa, oppure che il suo gesto abbia confermato antiche profezie che ora dovranno ancora dispiegarsi in tutta la loro potenza.
Certo è difficile conoscere quale di queste interpretazioni corrisponda alla realtà o se siano tutte semplicemente false. Di fatto, gli attacchi anche all’interno della Chiesa stessa nei confronti del Papa emerito sono sempre più evidenti, colpevole di essere il portavoce di una visione integerrima e non negoziabile dei valori cristiani. Le accuse subite dal Papa emerito in seguito alla pubblicazione del Report della diocesi di Monaco sugli abusi, e la sua magistrale e toccante risposta, sono lì a testimoniare chiaramente questa situazione.
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Tuttavia, ai fedeli non resta che ripercorrere quei momenti dolorosi cristalizzati nella declaratio con cui Benedetto XVI ha deciso di compiere questo doloroso e storico passo per la cristianità. Il momento in cui Benedetto XVI annunciò in latino, davanti ai suoi confratelli del Collegio cardinalizio, le sue dimissioni resta ancora impresso nei cuori e nelle menti di tanti che sono rimasti letteralmente stupefatti in quelle ore.
“Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando”, disse Ratzinger in quella occasione.
Riconoscendo che “tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.
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Dopo quelle parole, molti si chiesero quale fosse il piano di Dio dietro tutto questo. E continuano a farlo tutt’oggi. Il tempo offrirà agli uomini, forse, ogni risposta. Di certo però resta un fatto, ricordato dallo stesso Ratzinger. Che le porte degli inferi non prevarranno sulla Chiesa di Cristo, e che perciò è necessario rasserenarsi. Affidando se stessi al Signore, certi che sarà lui a condurla, e ringraziando Benedetto XVI per la sua umiltà e grandezza, per la sua limpidezza dottrinale e umana, e soprattutto per le preghiere con cui continua ad accompagnare la Chiesa dal Monastero Mater Ecclesiae in cui vive, tra le mura della Città del Vaticano.
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