In questi nove giorni, che precedono la celebrazione del dogma dell’Immacolata Concezione, vogliamo farci accompagnare dalle riflessione dell’umile, quanto incisivo, Vescovo, che amava farsi chiamare semplicemente don Tonino Bello.
Così, alla divinità di Maria, concepita senza peccato e partoriente senza aver conosciuto uomo, per mezzo dello Spirito Santo, potremo attribuire quegli appellativi. Essi sono citati da don Tonino Bello nei suoi scritti e la rendono anche mamma, sorella, amica, donna di ogni epoca, insomma una di noi, anche se prescelta da Dio, per il più grandioso dei progetti.
Don Tonino Bello definisce “Maria, donna dell’attesa”:
“La vera tristezza non è quando, a sera, non sei atteso da nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita. E la solitudine più nera la soffri non quando trovi il focolare spento, ma quando non lo vuoi accendere più: neppure per un eventuale ospite di passaggio. Quando pensi, insomma, che per te la musica è finita.
E ormai i giochi siano fatti. E nessun’anima viva verrà a bussare alla tua porta. E non ci saranno più né soprassalti di gioia per una buona notizia, né trasalimenti di stupore per una improvvisata. E neppure fremiti di dolore per una tragedia umana: tanto non ti resta più nessuno per il quale tu debba temere.
(…) Attendere: ovvero sperimentare il gusto di vivere. Hanno detto addirittura che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle sue attese. Forse è vero. Se è così, bisogna concludere che Maria è la più santa delle creature, proprio perché tutta la sua vita appare cadenzata dai ritmi gaudiosi di chi aspetta qualcuno.
(…) L’attesa di lui, per nove lunghissimi mesi. L’attesa di adempimenti legali festeggiati con frustoli di povertà e gaudi di parentele. L’attesa del giorno, l’unico che lei avrebbe voluto di volta, in volta rimandare, in cui suo figlio sarebbe uscito di casa senza farvi ritorno mai più.
L’attesa dell’ora: l’unica per la quale non avrebbe saputo frenare l’impazienza e di cui, prima del tempo, avrebbe fatto traboccare il carico di grazia sulla mensa degli uomini. L’attesa dell’ultimo rantolo dell’unigenito inchiodato sul legno. L’attesa del terzo giorno, vissuta in veglia solitaria, davanti alla roccia. Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito. Santa Maria, Vergine dell’attesa, donaci del tuo olio, perché le nostre lampade si spengono”.
O Vergine Immacolata, primo e soave frutto di salvezza, noi ti ammiriamo e con te celebriamo le grandezze del Signore che ha fatto in te mirabili prodigi. Guardando te, noi possiamo capire ed apprezzare l’opera sublime della Redenzione. Possiamo vedere nel loro risultato esemplare le ricchezze infinite che Cristo, con il suo Sangue, ci ha donato.
Aiutaci, o Maria, ad essere, come te, salvatori insieme con Gesù di tutti i nostri fratelli. Aiutaci a portare agli altri il dono ricevuto, ad essere “segni” di Cristo sulle strade di questo nostro mondo assetato di verità e di gloria, bisognoso di redenzione e di salvezza. Amen. 3 Ave.
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Antonella Sanicanti
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