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I Novissimi nella testimonianza di Gloria Polo

Nella tradizione catechistica cattolica, si utilizza il termine novissimi (dal latino “novissimus“, superlativo di nòvus, e cioè ultimo, estremo) per indicare le quattro ultime cose che si incontrano nell’uomo: morte, giudizio, inferno, paradiso. Il principale compito di Gloria Polo è proprio quello di ricordare i novissimi, per svegliarci dal torpore morale e colmare una lacuna pastorale.

Diversi tra i sacerdoti e i laici purtroppo travisano il messaggio della testimonianza di Gloria Polo. Alcuni vedono nella durezza del giudizio particolare a cui lei è stata sottoposta la manifestazione di un Dio giudice eccessivamente severo, quasi spietato, e si scoraggiano. Altri, invece, si sentono spronati dalla durezza del giudizio a fare del terrorismo spirituale, finendo col scoraggiare i deboli e i fragili. In realtà la testimonianza di Gloria è il resoconto della sapiente pedagogia misericordiosa di Dio nella vita stessa di Gloria. Dal racconto della sua esperienza emerge infatti che Dio prima le fa sperimentare un assaggio dell’indescrivibile premio eterno dei giusti[1], da lei sottovalutato fino a quel momento, poi le appare sul letto di ospedale per aiutarla a disporre il suo cuore all’accoglienza del dono del perdono – di cui aveva estremo bisogno, avendo agito contrariamente alla Legge di amore –, chiedendole di riconoscersi peccatrice[2]. Ciò l’avrebbe resa incipientemente degna di tale premio, e infine, quando Gloria riconosce la sua incapacità a sentirsi peccatrice[3], il Signore l’aiuta ulteriormente, inducendola al pentimento, col farle sperimentare la sua seconda esperienza di premorte dolorosa, nella quale poté vedere nel Libro della vita[4] il vero valore delle sue azioni e delle sue omissioni, per mezzo delle quali aveva venduto la sua anima al diavolo[5] e apparteneva a lui e al suo regno[6]. Gloria purtroppo dall’età di tredici anni si era allontana dal sacramento della confessione e aveva perduto il senso del peccato. Grazie allora all’amore pedagogico di Dio, Gloria si riconobbe bisognosa di salvezza[7] e Cristo poté applicare il suo sangue a riscatto della sua anima, dandole la seconda opportunità[8] che da tutta l’eternità voleva darle. A tutti noi viene data questa seconda opportunità ogni volta che ci riavviciniamo pentiti al sacramento della confessione. Viene quindi espressa dal resoconto di Gloria una storia di salvezza. Attraverso Gloria Polo, dunque, il Signore vuole rincuorarci a seguire la sua Legge col dirigere il nostro occhio spirituale non all’abisso nero, ma all’Abisso luminoso. Perché, se la paura di un castigo può trattenere dal fare il male tre volte su dieci, la certezza di un premio slancia a fare il bene sette volte su dieci. Perciò più che la paura del castigo fa la fiducia nel premio. E Gesù vuole che noi l’abbiamo piena, sicura, per potere fare non sette parti di bene su dieci, ma dieci parti su dieci e conquistare questo premio santissimo del Cielo.

Per concludere, vorrei dire che non una delle nostre azioni buone rimarrà senza frutto, e molti uomini e donne splenderanno vivamente in Cielo senza aver predicato, amministrato, compiuto viaggi apostolici, abbracciato stati di vita speciali, ma soltanto per avere pregato e sofferto per dare pace ai purganti, per portare alla conversione i mortali. Anche questi, sacerdoti ignoti al mondo, apostoli sconosciuti, vittime che solo Dio vede, avranno il premio degli operai del Signore, avendo fatto della loro vita un perpetuo sacrificio d’amore per i fratelli e per la gloria di Dio. Alla vita eterna si giunge per molte vie, e una è questa, ed è bene ricordarlo.

Flaviano Patrizi

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Note

[1] Cfr. Flaviano Patrizi, Sono stata alle porte del Cielo e dell’Inferno. Nuova testimonianza della dott.sa Gloria Polo, Himmel associazione, 2011, pp. 8-9.

[2] Cfr. Ivi, p. 10: «Sapete, però, che cosa mi successe proprio mentre sperimentavo l’abbandono piú totale? Vidi nostro Signor Gesú accovacciato accanto a me. Con infinita tenerezza mise il suo braccio sotto la mia testa e mi consolò. Credetti di essere vittima di allucinazioni. Chiusi allora gli occhî, provando a bloccare l’allucinazione, ma quando li riaprii era ancora lí. Ripetei l’operazione diverse volte, ma ogni volta che riaprivo gli occhî ritornavo a vederlo lí accanto a me! Quando Gesú vide in me un’attenzione sufficiente, mi disse guardandomi pieno di amore: “Ascoltami, piccola mia. Stai per morire. Sèntiti bisognosa della mia misericordia”».

[3] Cfr. Ibidem: «Chiusi gli occhî e dissi: “Misericordia, misericordia”, ma non ero convinta della mia invocazione, perché mi credevo innocente e, pur meditando sulle parole dèttemi da Gesú, non riuscii a trovare in me alcuna colpa. Avevo, cioè, perduto la coscienza del peccato».

[4] Ivi, pp. 17-57.

[5] Ivi, pp. 57: «“Mammina, che vergogna! Mi sono condannata”. Non dissi: “Dio mi ha condannata” ma: “Mi sono condannata”. Ero stata io, infatti, nel mio libero arbitrio, a scegliere chi dovesse essere il mio vero padre. Dio, rispettando la mia libertà, non mi obbligò a vivere con lui. “Là dove andrò – aggiunsi –, non potrò mai piú rivederti”.

[6] Ivi, pp. 15-16: «A una di queste creature orribili fu accordata, però, una grazia speciale per resistere a questa Voce, ed ebbe il permesso di rimanere poiché io morii in peccato mortale, divenendo cosí sua proprietà. Questo demonio sbandierava il suo possesso accusandomi di peccato e urlando in modo orribile: “È mia, è mia”. Durante tutta la mia vita terrena si era prodigato per la perdizione della mia anima e, alla stregua di uno stratega, aveva manipolato le mie debolezze portandomi ad acconsentire a tutti quei peccati che con orrore stavo vedendo vivi in me in quella voragine viva del Purgatorio. Le mie parole, purtroppo, non rendono l’orrore di quell’urlo demoniaco che ripeteva: “È mia, è mia”; ma di tutto cuore vi auguro di non avere la disgrazia di doverlo udire.

[7] Ivi, p. 57: «Con grande dolore, ancora a testa in giù, gridai a nostro Signore piangendo ma con una nuova speranza e un nuovo pentimento: “Gesú Cristo, abbi compassione di me. Signore, perdonami. Dammi una seconda opportunità”».

[8] Ivi, p. 58: «La Voce meravigliosa prese corpo. Era Gesú. Scese verso di me avvolto di luce… e mi tolse da quel buco. Che momento meraviglioso! Mi portò sulla zona pianeggiante e mi disse con infinito amore e dolcezza: “Tornerai, avrai la tua seconda opportunità. Non per le preghiere della tua famiglia, perché è normale che piangano e supplichino per te, ma per le preghiere di tutte le persone estranee alla tua carne e al tuo sangue che hanno pregato e supplicato per te”».

Flaviano Patrizi

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Flaviano Patrizi

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