In questo modo è entrato nel merito di un tema tanto delicato quanto fondamentale della Chiesa, vale a dire quello della nullità matrimoniale.
Francesco ha infatti chiesto “accessibili e agili, possibilmente del tutto gratuite” per quanto riguarda la messa in pratica della nullità matrimoniale. Bergoglio ha infatti affermato con chiarezza che questa non è e non può essere “un atto freddo di mera decisione giuridica”. Questo perché altrimenti prescinderebbe “dalla memoria, fatta di luci e di ombre, che hanno segnato una vita, non solo dei due coniugi ma anche dei figli”.
Un modo quindi molto netto di aprire l’anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Davanti a officiali, avvocati e collaboratori del Tribunale della Rota Romana presenti all’udienza, il Pontefice ha affrontato in Sala Clementina lo spinoso tema del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale.
Questo era stato infatti già riformato nel 2015 con il motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”, introducendo in quella occasione il cosiddetto processo breve. Francesco infatti, come suo solito fare, non ci ha girato molto intorno e ha puntato il dito in maniera chiara contro gli aspetti che a suo avviso sono degni di rimprovero.
Come ad esempio le “tante resistenze” emerse in diocesi d’Italia e del mondo alla riforma dei processi matrimoniali. Così le ha chiamate Francesco, consapevole dei tanti interessi che purtroppo sono celati dietro a questo genere di pratiche, che in questo modo finiscono per essere più uno scambio di natura materiale che non qualcosa che abbia veramente una relazione concreta e pura con la realtà del Sacramento.
“Vi confesso che dopo la promulgazione, ho ricevuto delle lettere, tante, quasi tutte di notai che perdevano la clientela. E lì il problema dei soldi”, ha detto il Papa a braccio. “In Spagna si dice: per i soldi balla la scimmietta. Anche ho visto con dolore in alcune diocesi la resistenza di qualche vicario giudiziale che con questa riforma perdeva potere perché si accorgeva che il giudice non era lui ma il vescovo”.
Francesco ha certamente ricordato che nei processi il giudice è sempre il vescovo, ma a questo proposito ha anche raccontato un aneddoto personale. “Poco tempo dopo l’introduzione della riforma mi chiamò un vescovo: Io ho questo problema, una ragazza vuole sposarsi in Chiesa ma è stata sposata anni fa. È stata costretta perché incinta. Ho fatto di tutto, ho chiesto a un prete di fare il vicario giudiziale, i testimoni dicono che è stata forzata, che quel matrimonio era nullo… Santità, cosa devo fare?. Gli ho detto: hai una penna in mano? Firma! Tu sei il giudice, senza tante storie”.
Il Papa ha poi spiegato con grande semplicità che la doppia sentenza che venne introdotta da Papa Benedetto XIV avvenne “per problemi economici in qualche diocesi”. Ma il vescovo va aiutato in queste decisioni da tutte le persone che ci sono attorno. Per la semplice ragione che della “verità evangelica” che sottende a queste vicende ne fanno parte “coniugi e figli”.
Vale a dire “una comunità di persone, che si identifica sempre e certamente col bene della famiglia, anche quando essa si è sgretolata“. “Non si può considerare l’essere famiglia come un bene sospeso, in quanto è frutto del progetto divino, almeno per la prole generata. I coniugi con i figli donati da Dio sono quella nuova realtà che chiamiamo famiglia”, ha spiegato il Pontefice.
Per Francesco, una domanda importante da porsi di fronte alla valutazione dei singoli casi è: “Che ne sarà dei figli e della parte che non accetta la dichiarazione di nullità? Finora tutto sembrava ovvio, ma purtroppo non lo è. Occorre, quindi, che alle affermazioni di principio seguano adeguati propositi di fatto, sempre ricordando che la famiglia è la base della società e continua ad essere la struttura più adeguata per assicurare alle persone il bene integrale necessario per il loro sviluppo permanente”.
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Se infatti la “nuova unione sacramentale, che segue alla dichiarazione di nullità, sarà di certo fonte di pace per il coniuge che l’ha domandata“, bisogna pensare a “come spiegare ai figli che, ad esempio, la loro mamma, abbandonata dal loro padre e spesso non intenzionata a stabilire un altro vincolo matrimoniale, riceve con loro l’Eucaristia domenicale, mentre il padre, convivente o in attesa della dichiarazione di nullità del matrimonio, non può partecipare alla mensa eucaristica”.
Ma nell’ultimo Sinodo sulla Famiglia, a cui ha fatto seguito l’esortazione apostolica Amoris laetitia, “vengono date chiare indicazioni affinché nessuno, soprattutto i piccoli e i sofferenti, sia lasciato solo o trattato come mezzo di ricatto tra i genitori divisi”. Un tema di importanza fondamentale che verrà ancor più approfondito a partire dal prossimo 19 marzo, in quello che è stato indetto dal Papa come l’Anno della Famiglia Amoris laetitia.
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“Nelle vostre sentenze non mancate di testimoniare questa ansia apostolica della Chiesa“, ha esortato il Papa i giudici, ricordando che “il bene integrale delle persone richiede di non restare inerti davanti agli effetti disastrosi che una decisione sulla nullità matrimoniale può comportare”.
E che “i giudici devono pregare tanto perché così, prima di ogni decisione da prendere sulla verità del matrimonio, non dimentichino il bene dei figli, la loro pace o, al contrario, la perdita della gioia davanti alla separazione”.
Giovanni Bernardi
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