In vista della beatificazione imminente, prevista per domenica 9 maggio, una nuova interessante pubblicazione, getta una luce nuova su Rosario Livatino.
Non chiamatelo ragazzino. Rosario Livatino, un giudice contro la mafia (Paoline, 2021) è il saggio di carattere didattico-formativo realizzato dall’insegnante e scrittore Marco Pappalardo e dedicato al giudice assassinato dalla mafia 31 anni fa.
Un’opera didattico-narrativa
Il libro è accompagnato dalle illustrazioni del fumettista Roberto Lauciello e dalla prefazione di Sebastiano Ardita, membro del Consiglio Superiore della Magistratura.
Collaboratore di Avvenire, Credere e di altre testate cattoliche, Marco Pappalardo insegna da una ventina d’anni lettere nei licei a Catania e in altre città della Sicilia orientale. Cooperatore salesiano e molto attivo nel volontariato, Pappalardo è uno di quei docenti che vive il suo lavoro come una missione.
Com’è noto, insegnare in Sicilia e in altre regioni del Sud comporta un carico pedagogico suppletivo. Più che altrove, i ragazzi vanno educati alla legalità, alla presa di coscienza del male rappresentato dalla criminalità organizzata. Un’opera benemerita, in cui l’insegnante è chiamato a tirare fuori i suoi migliori talenti non professionali ma, soprattutto, umani.
Pappalardo ha dunque pensato ad un testo di carattere biografico, destinato alle ore di educazione civica, in particolare per ragazzi dai 10 ai 15 anni. Ogni capitolo è arricchito da spunti di riflessione e domande che interrogano profondamente l’allievo.
La “porta stretta” della legalità
La vita di Rosario Livatino è ripercorsa in modo fedele e dettagliato, in tutti i suoi passaggi salienti. Le qualità umane del nuovo beato emergono in tutto il loro splendore, con un linguaggio in grado di incuriosire e appassionare il giovane lettore. L’autore usa l’artificio narrativo di far raccontare la storia del magistrato siciliano, dando voce agli oggetti, ai luoghi e alle entità che ne costellano l’esistenza: la toga, le agende, l’automobile, persino la mafia stessa.
Le lezioni che si possono trarre dalla lettura di Non chiamatelo ragazzino sono numerose. Lo studente apprenderà innanzitutto che il sentiero della legalità e della giustizia non è mai facile, né in discesa. Non si diventa Rosario Livatino dall’oggi al domani. Essere educati da una famiglia integerrima e dai retti principi è sicuramente un buon punto di partenza ma è altrettanto importante imparare a sviluppare qualità che tutti possiamo avere ma per le quali è necessario un certo allenamento.
Nel mondo ma non del mondo
Rosario Livatino è diventato un eroe anti-mafia, in primo luogo, perché ha scelto di non vivere secondo le regole del mondo. Sacrificare il proprio tempo libero, per dedicarsi ai propri studi non è da tutti. Così come non è da tutti aiutare i propri compagni di classe nell’apprendimento delle materie più ostiche. Non è da tutti, rinunciare alle lusinghe di una carriera facile e rapida, accettando compromessi moralmente degradanti.
Diventare un magistrato anti-mafia è qualcosa che non si può programmare, né può essere il frutto della nostra ambizione umana. Si può, però, diventarlo, se ci si assume la propria responsabilità e se si accetta con umiltà ogni singola sfida della vita quotidiana.
Il libro di Marco Pappalardo ha quindi il merito di non fare di Livatino un’icona astratta e irraggiungibile ma un uomo della porta accanto, che, con discrezione e tenacia, giorno dopo giorno, ha saputo conquistare qualcosa di grande.
Una sfida che va oltre l’umano
La maggior parte delle domande che l’autore pone ai lettori/studenti non è collegata a chissà quali azioni eroiche o eccezionali ma alla vita di ogni giorno, in parallelo con quella che è stata la vita di Rosario Livatino: “Come consideri il luogo in cui abiti? È vivibile e con delle opportunità per chi ha la tua età?”. “Che rapporto hai o hai avuto con i tuoi nonni?”. “Sai chi vorrai essere da grande e cosa fare dopo la scuola?”. “Tieni un diario personale, un posto in cui raccogli i tuoi ricordi, i pensieri, gli avvenimenti?”.
La figura di Rosario Livatino è chiaramente rappresentata in modo laico e indipendente dalla sensibilità religiosa dello studente. La fede del personaggio è però posta in evidente risalto nella ricostruzione della sua vicenda. Non a caso, Pappalardo menziona le emblematiche parole di papa Francesco pronunciate in memoria di Livatino: “La fede può esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi”.
È ovvio che non è necessario credere in Dio per diventare un integerrimo magistrato anti-mafia. È altrettanto vero, però, che accettare il sacrificio della propria vita in nome della giustizia e del bene comune, ha qualcosa di sovraumano o – verrebbe da dire – di metaumano. E tutto questo, traspare fortemente nel libro di Pappalardo, che rende perfettamente giustizia alla figura di Rosario Livatino, alla vigilia della sua beatificazione.
Luca Marcolivio