Dalla vocazione di Chiara Amirante, decisa a salvare i ragazzi dalla strada e dalle droghe.
Sin da bambina Chiara Amirante è stata educata dai genitori alla dottrina cattolica. In quel periodo si erano appena convertiti e la loro sete di sapere, di conoscenza di Dio è stata tramandata automaticamente a quella bambina dall’intelligenza viva e dalla spiccata curiosità. Crescendo Chiara ha capito che il solo andare in chiesa e pregare non era sufficiente, Dio la chiamava a compiere un ulteriore passo verso il percorso tracciato dal Figlio.
La vocazione è giunta quando aveva 27 anni, Chiara aveva conosciuto un gruppo di ragazzi che viveva per strada nei pressi della stazione Termini di Roma. Nel loro passato c’erano storie di violenze, di droga e di abusi sessuali, quando gliele hanno raccontate ha percepito il bisogno crescente di spogliarsi dei suoi agi per andare a vivere in strada e dare loro una mano a ritrovare la speranza e la rinascita spirituale. In quel periodo gli venne donata una villa familiare in cui ospitare gli emarginati e gli oppressi. I primi ospiti erano solamente 27, oggi i testimoni di Nuovi Orizzonti sono 700 mila e si trovano in ogni angolo del pianeta.
In occasione dei 25 anni di attività di Nuovi Orizzonti, ‘Avvenire‘ ha deciso di premiare la Amirante per l’impegno profuso in questi anni allo scopo di salvare gli ultimi e donare loro una nuova vita, durante il suo festival annuale che si terrà il prossimo 31 luglio. Prima della premiazione, però, le hanno chiesto di parlare di questi 25 anni e di spiegare come tutto è nato. Per quanto riguarda il successo della sua iniziativa umanitaria la fondatrice di Nuovi Orizzonti ha dichiarato: “Venticinque anni ti portano a riguardare indietro e contemplare con stupore quello che Dio ha operato. In realtà ogni giorno faccio questo esercizio di ringraziare il Padre, ma certamente farlo tutto insieme per i 25 anni mi ha colmato il cuore di commozione. Ho ripensato a quei primi giorni in cui, da ragazza, mi sono immersa nell’inferno della strada, tra tanti fratelli sofferenti, nella droga, nella disperazione, nell’abbandono dopo il carcere, nella prostituzione, e poi a quanti di loro sono passati dalla morte alla vita”.
Tornando ai primi giorni di questa avventura, Chiara Amirante ricorda di aver dovuto vincere le resistenze del padre, preoccupato che rischiasse la vita a stare a contatto con persone che non avevano nulla da perdere. In breve tempo lui stesso si è accorto che quella della figlia era una chiamata di Dio e sin dai primi giorni è stato una delle colonne dell’associazione: “Mio papà, vedendo questi lupi trasformarsi in angeli, si è tranquillizzato, innamorato di ciò che Dio stava operando non ci ha più lasciati”. Nel corso di questo quarto di secolo molte persone sono state salvate, alcune hanno deciso in seguito di prendere un’altra strada, ma tutti quelli che sono rimasti contribuiscono a rendere più reale il sogno di Chiara: quello di una comunità che segue l’esempio di Gesù. Com’è possibile? Per Chiara è segno dei tempi moderni, in cui tutti quanti sentono la possibilità di intraprendere la via della santità: “Il sacerdozio è un dono immenso, ma poi siamo tutti corpo di Cristo”.
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Luca Scapatello
Fonte: Avvenire
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