Sergio Conceiçao, il nuovo tecnico rossonero che sta conquistando i tifosi con la parola franca e lo stile schietto ha un rapporto speciale con la Vergine di Fatima.
In tanti lo hanno definito un “sergente di ferro” prima ancora del suo approdo sulla panchina del Milan al posto del connazionale Paulo Fonseca. Ma ditemi voi se non bisogna corazzarsi in qualche modo con una vita come quella di Sérgio Conceiçao, il nuovo allenatore portoghese del Milan.
Momenti difficili fin da giovane per il tecnico nato nel 1974 a Coimbra, penultimo di una famiglia di umili origini (papà muratore e mamma casalinga). Sergio infatti rimane presto orfano. È soltanto sedicenne quando perde il padre in un incidente di motocicletta. Il giorno prima il giovane Conceiçao aveva firmato il suo primo contratto da professionista entrando a far parte delle giovanili del Porto.
Due anni dopo gli muore anche la madre, malata da tempo e costretta a muoversi su una sedia a rotelle. Senza contare che durante l’adolescenza la nera signora già gli aveva portato via uno dei suoi sette fratelli, morto sul lavoro durante il turno in fabbrica. Tre colpi terribili per Sergio, che appena maggiorenne si trova senza mamma e papà. Ma lui non si fa piegare dalla sofferenza. Si applica anzi con determinazione per far fruttare il suo talento calcistico.
Ad aiutarlo, dandogli luce e conforto, ci sono la sua incrollabile fede cattolica e la lettura della Bibbia. Nel frattempo conosce Liliana, la donna destinata di lì a poco a diventare sua moglie (il futuro tecnico del Milan si sposa a 20 anni) e con la quale metterà al mondo cinque figli, tutti calciatori come lui, anche il più piccolo di casa: José, anni nove.
La sua carriera spicca il volo rapidamente: Conceiçao non ci mette molto a diventare una stella del Porto e della nazionale portoghese. Nel 1998 arriva in Italia, nelle file della Lazio di Eriksson. Con i biancocelesti colleziona subito trofei: la Supercoppa italiana e la Coppa delle Coppe, per cominciare. L’anno successivo invece è tra i protagonisti della storica accoppiata Scudetto-Coppa Italia, prima di passare al Parma.
Tra 2001 e 2003 eccolo all’Inter, poi ritorna per qualche mese a difendere i colori della Lazio. Gli ultimi anni da calciatore li trascorre tra Portogallo, Belgio, Kuwait e Grecia. Da allenatore gli va ancor meglio, visto che con 10 trofei vinti risulta ad oggi il tecnico più vincente della storia del Porto. Il resto – il trasferimento al Milan per risollevare una squadra in crisi di risultati e di identità – è storia di oggi.
Non c’è spazio soltanto per famiglia e sport nella sua vita, lo abbiamo detto. C’è anche la fede. Sergio è schivo e non ama farsi pubblicità. Ma Jorge Mendes, amico e storico procuratore di Conceiçao, traccia il quadro di un uomo «molto devoto, che va a piedi a Fatima, fa astinenza durante la Quaresima».
In molti ricordano che quando si presentò per la prima volta al ritiro della Lazio, a Vigo di Fassa, Sergio arrivò con due grandi cerotti sulle ginocchia sbucciate, frutto di un voto alla Madonna di Fatima: cinquecento metri percorsi in ginocchio in segno di ringraziamento per una richiesta esaudita.
Anche da allenatore non manca di fare tappa a Fatima. Come nel 2023, quando condivide sui social il video di una visita notturna al celebre santuario mariano per pregare e ringraziare la Vergine insieme ai membri dello staff e della squadra del Porto, reduce da una importante vittoria con gli storici rivali del Benfica.
Sergio Conceiçao possiede anche un notevole senso pratico. È sempre Mendes a raccontare al sito Maisfutebol quanto quest’uomo dal temperamento forte, forgiato a fuoco da mille difficoltà, sia pronto a prodigarsi per aiutare i bambini di famiglie umili e bisognose come la sua. Da quando la vita ha cominciato a sorridergli attraverso il successo sportivo, il suo primo pensiero è stato quello di condividere.
Il migliore esempio è forse la Comunità Giovanile “Francisco de Assis”, fondata alle porte di Coimbra da Maria Teresa Granado (detta da tutti “Madre Teresa”), che in più di 40 anni ha aiutato oltre mezzo migliaio di persone, tra giovani orfani e famiglie bisognose, e che Conceiçao frequenta e supporta economicamente da oltre vent’anni.
I tifosi del Milan cominciano già a apprezzare questo allenatore che ha fatto la storia del Porto, sia dentro che fuori dal campo. Conceiçao è un mister tutto pepe, grinta e cuore, un pasionario della panchina alla Conte o alla Simeone.
Sergio non è uno che si risparmia: è leale, dà tanto ma pretende altrettanto impegno dai suoi giocatori. Quando serve – basta ricordare la scena indimenticabile del balletto con tanto di sigaro in bocca per celebrare la vittoria nel derby di Supercoppa Italiana a Ryad – Conceiçao ha mostrato anche di sapersi divertire.
«Sono un realista», dice spesso durante le interviste. Un realismo che si esprime nella sua idea di calcio duttile e pratico, comunque sempre intenso, e in un carattere franco che non cerca alibi. Lo dimostrano le parole pronunciate dopo la prima sconfitta con la Juve: «Non voglio sentire scuse della stanchezza, che manca benzina… ma che benzina, che siamo a gennaio, dai su, i giocatori hanno tutto per recuperare ogni tre giorni dalle partite precedenti».
Al tempo stesso, non sfuggirà, Sergio si è assunto la responsabilità per l’improvvisa battuta d’arresto. Anche qui emerge tutta la virile schiettezza di un allenatore pronto a metterci sempre la faccia e a far quadrato intorno alla sua squadra. Come sa fare soltanto chi non si sente un freddo “tecnico della panchina” quanto un attore coinvolto in prima persona in un’avventura unica e irripetibile, dove si vince o si perde insieme.
Un’avventura sportiva sì, ma vissuta con lo spirito di una comunità di destino. Sempre con uno sguardo rivolto al Cielo: alla Vergine di Fatima, la bianca signora che apparve ai tre pastorelli e che guida anche la vita di mister Conceiçao.
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