Il matematico, noto per le sue posizioni critiche verso la religione, riconosce che esiste una realtà oggettiva delle cose che non può essere cancellata delle nostre percezioni.
In pochi minuti di conversazione Piergiorgio Odifreddi “smonta” le teorie sociologiche secondo cui non c’è alcuna differenza tra maschile e femminile. Sembrano cose scontate, ma non oggi, dove sembra essersi realizzata una celebre profezia di Chesterton.
Qualche anno fa Piergiorgio Odifreddi si è definito un «matematico impertinente». Dopo aver frequentato le scuole nel seminario vescovile di Cuneo, Odifreddi è passato su posizioni che potremmo dire razionaliste o scientiste, con venature anticlericali, di forte critica nei confronti della religione. Una polemica anche tagliente ma, va riconosciuto, portata avanti sempre con garbo e in maniera ragionata, per quanto spesso (quasi sempre in verità) non condivisibile.
Lo stile brillante e lucido, la battuta pronta, elegante, e la verve ironica lo hanno consacrato anche tra i personaggi della televisione. Dal 2011 è entrato in dialogo con papa Benedetto XVI sui temi della scienza e della fede, incontrandolo anche personalmente, dopo la rinuncia del 2013, nella residenza del monastero Mater Ecclesiae.
Un dialogo vero, quello tra il matematico ateo e il papa teologo, messo nero su bianco anche in alcuni libri, dove le inevitabili differenze non cancellavano la possibilità di confrontarsi su un piano comune: quello della ragione umana, una delle due ali, assieme alla fede, «con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità», ha scritto Giovanni Paolo II nella Fides et ratio.
La verità dei fatti
E la prima verità è quella dei fatti, alla quale ogni scienziato – se è davvero tale – deve inchinarsi. Va perciò a merito di Odifreddi averlo ricordato in una conversazione con Emanuele Franz risalente al luglio 2021 ma apparsa su YouTube solo a ottobre 2022 . Nel colloquio Odifreddi si mostra di una coerenza estrema prendendo una posizione piuttosto impertinente, possiamo ben dirlo, sul tema dell’ideologia di genere. E lo fa precisamente in nome dell’oggettività scientifica, non certo della fede, dato il suo roccioso scetticismo.
«Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate» dice una celebre profezia di Chesterton. Non stupisce dunque che sia proprio il matematico Odifreddi a ricordare quelle che in altri tempi sarebbero apparse semplicemente cose di buon senso.
I due femminismi
Il matematico la prende alla larga, ricordando le differenze tra il femminismo americano e quello europeo. Il primo punta sulla totale uguaglianza tra uomo e donna, arrivando anche a covare «quasi un odio verso la parte maschile della società» alimentando una «lotta di generi» simile alla lotta di classe ottocentesca. Per le femministe europee, sostiene Odifreddi, il tema più importante invece è quello della differenza tra uomo e donna. Per il femminismo europeo le donne, più che comportarsi esattamente come gli uomini, dovrebbero «proporre un modo alternativo di vita, cioè il modo femminile rispetto a quello maschile» invece di imitare modelli maschili (corsa alla carriera, mostrare i muscoli e così via).
Questo perché, afferma lo scrittore, le femministe europee erano convinte che ci fosse un modo femminile di stare in società che «deriva da delle differenze – ovviamente biologiche – che ci sono». «La scienza su questo non ha nessun dubbio», aggiunge Odifreddi. Che ricorda anche quelle che potrebbero sembrare ovvietà, ma che oggi suscitano le ire del politicamente corretto. Come il fatto che per procreare non c’è «nessun alto modo» se «non mettendo insieme ii gameti dell’uomo e della donna». Il matematico liquida come tentativi di «arrampicarsi sui vetri» i tentativi di negare questo fatto con le ben note acrobazie linguistiche («genitore 1», «genitore 2» e via dicendo). «Rimane il fatto – insiste – che quando uno può procreare un figlio da una parte ci deve essere contributo maschile e dall’altra parte quello femminile».
Esiste una realtà oggettiva? Sì!
Non bisogna confondere, ribadisce lo scrittore nativo di Cuneo, le proprie percezioni soggettive o psicologiche con la realtà oggettiva. Pesare 200 chili è una realtà oggettiva, sentirsi leggeri anche con 200 chili sul groppone è un modo soggettivo di percepire questa realtà oggettiva. Negarlo sarebbe negare un fatto, sarebbe come negare la forza di gravità o la forza peso.
Che dire a chi si sente leggero anche pesando 200 chili? In questo caso «buon per me – chiosa Odifreddi – ma non posso dire, non posso pretendere che gli altri dicano che non c’è il peso». Idem con l’età: a ottant’anni ci si può anche sentire giovani, ma si tratta pur sempre di una percezione psicologica, non dell’età effettiva dell’organismo che non può essere quella di un ventenne. Non vuol dire che non esistano il tempo e metodi oggettivi per misurarlo.
«Nel caso del genere è uguale», fa osservare Odifreddi aggiungendo: «Ma chissà per quale motivo è si decide che il genere deve essere trattato in maniera diversa, quindi se io sono uomo o donna, mi sento qualche cos’altro». Alla fine si tratta sempre di una percezione soggettiva che non tocca il fatto che «dal punto di vista biologico» esiste un maschile e un femminile.
No alla confusione tra scienza e ideologia
Odifreddi ricorda anche le contraddizioni generate dall’ideologia di genere: i cortocircuiti che hanno portato alle proteste da parte delle femministe storiche, che credono invece nella differenza tra maschile e femminile, o a quelle delle carcerate e delle atlete (che si vedono mettere in competizione con atleti biologicamente maschi, dunque più avvantaggiati nelle gare).
Infine il matematico richiama scienziati, studiosi e intellettuali alle loro responsabilità. Che sono quelle derivanti dalla ricerca della realtà oggettiva, senza adeguarsi al diktat ideologico del «politicamente corretto che però va contro spesso lo scientificamente corretto».