Molti si domandano se è giusto che si chiedano offerte obbligatorie per le celebrazioni dei sacramenti nelle chiese.
A questo riguardo vorremmo aggiungere per mantenere un giusto equilibrio che spesso ci manca attenzione alle necessità delle nostre parrocchie e dei nostri parroci. Quando si tratta di dare, sia pure liberamente, un’offerta, scattano, come si dice, «i braccini corti». Cosa che invece non abbiamo ad esempio con il fioraio (o fiorista) quando dobbiamo agghindare (a volte in modo persino eccessivo e pacchiano) le panche della chiesa per un matrimonio o per altre celebrazioni. Per capire quanto il problema sia reale basta chiedere ai nostri parroci quanto raccolgono durante le Messe domenicali, oppure spiare, anche se non è bello, nei cestini della questua per vedere quanta poca «carta» c’è a fronte delle tante monetine. E non crediamo si tratti sempre dell’«obolo della vedova»
Detto questo per dovere di onestà, in merito ascoltiamo le parole di papa Francesco:
Proprio in riferimento a questo ultimo aspetto, il Santo Padre si è soffermato sulla corruzione di quei venditori e cambiavalute che si approfittavano della gente venuta al tempio per pregare e per fare dei sacrifici, mettendoci in guardia del forte rischio anche oggi di vivere nelle nostre comunità situazioni simili di corruzione, ingiustizia, disonestà.
«Penso allo scandalo – ha affermato papa Francesco – che possiamo dare alla gente con il nostro atteggiamento, con le nostre abitudini non sacerdotali nel tempio: lo scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità». Infatti continua il Papa «quante volte vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c’è lì la lista dei prezzi: battesimo, tanto; benedizione, tanto; intenzioni di messa, tanto…». E «il popolo si scandalizza».
Il tema di un’offerta di denaro legata alla celebrazione di un sacramento è delicato e spesso emergono confusione, errori, scandali. Sin dai primi secoli vi è la consapevolezza che quando la comunità cristiana si ritrova insieme per una celebrazione liturgica prega sempre per tutta la Chiesa e per l’umanità intera. Questo però non esclude la possibilità che il sacerdote possa pregare particolarmente per una motivazione precisa: un familiare defunto, una persona vivente, una situazione delicata qualunque essa sia…
Proprio per questa intenzione particolare nella preghiera del ministro ordinato, il richiedente affida al sacerdote un’offerta – una volta in beni materiali, oggi in denaro – che vuol essere il segno della propria partecipazione alla preghiera per quella specifica intenzione richiesta ed il modo di manifestare il proprio impegno al sostentamento del ministro e delle opere della Chiesa (cfr Codice di Diritto Canonico, can. 946).
Va detto con chiarezza che non si tratta di un’offerta obbligatoria: la normativa della Chiesa ci richiama a «celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta» (CDC can. 945, par. 2). Questo vale anche per la celebrazione dei sacramenti e di altri momenti di preghiera (funerali, benedizioni…). Non possono esistere «tariffe» o «listini» vincolanti: non si possono sminuire la ricchezza, la bellezza, la grazia sacramentale di ogni preghiera ecclesiale ad un elenco di servizi proposti ognuno con il suo prezzo («deve essere assolutamente tenuta lontana anche l’apparenza di contrattazione o di commercio», CDC can 947).
In molte parrocchie, proprio per evitare l’idea di uno «scambio commerciale», si invitano i fedeli a lasciare le proprie offerte per le intenzioni della Messa in una cassetta apposita, magari in fondo di Chiesa, per sottolineare la gratuità della celebrazione e della preghiera.
L’unica cifra di riferimento che si può trovare è la quota media indicata per l’offerta di una intenzione stabilita dalla conferenza episcopale regionale o dall’ordinario diocesano che di solito oscilla tra 10 e 15 euro. Questa indicazione serve nel caso in cui il sacerdote si trovi, in via eccezionale, a dover accettare più intenzioni di preghiera all’interno della stessa celebrazione (è possibile a due condizioni: coloro che richiedono le varie intenzioni siano preventivamente avvisati – e siano d’accordo – e che questa situazione non si ripeta più di due volte a settimana, indicando il giorno, il luogo e l’orario). Chiaramente, dovendo accettare più offerte relative a più intenzioni, il sacerdote può trattenere una sola offerta; nel caso siano tutte abbastanza esigue, può trattenere la quota indicata dalla normativa regionale o diocesana, mentre la somma eccedente deve essere consegnata al Vescovo per i bisogni dei più poveri e della Chiesa.
Per riprendere le parole del Papa: «Quando quelli che sono nel tempio – siano sacerdoti, laici, segretari – divengono affaristi, il popolo si scandalizza… e noi siamo responsabili di questo». Aiutiamoci a «mantenere pulito il tempio, ad accogliere ogni persona come fosse Maria, a non dare scandalo al popolo di Dio… la salvezza è gratuita… Gesù viene a portarci la gratuità totale dell’amore di Dio».