Offendere ed attaccare le persone via social è una pratica, purtroppo, molto diffusa in questi ultimi anni. Si arriva addirittura ad attaccare personalità, quali Papa Francesco.
Ma cosa rischia chi attacca Papa Francesco? Rischia solo con Facebook, o anche con Twitter e tutti gli altri social network? La legge ha risposto.
Attaccare ed insultare, anche pesantemente, qualcuno via social è un reato, un reato anche di carattere penale, con la condanna prevista dallo stesso codice: “Chiunque offende persone o l’altrui reputazione è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1032 euro” – dice il codice penale.
Quando si offende qualcuno a mezzo social o, comunque, con altri mezzi di divulgazione stampa, la pena va dai sei mesi ai tre anni di reclusione e una multa non inferiore a 516 euro. Ma si parla anche di diffamazione aggravata quando, ad esempio, la persona oggetto di offese è individuabile, o ancora quando le offese mirano anche al decoro e alla reputazione della persona stessa.
Tanti, specie nel corso degli ultimi anni, sono stati i casi in cui offese alle persone, conosciute o meno, sono state divulgate a mezzo social. Si è passati dalla chiusura dei profili “incriminati”, o alla chiusura degli stessi ambienti virtuali da cui provenivano le offese stesse. La Corte di Cassazione ha, infatti, ribadito in una sentenza del 2014 che il pubblicare una frase offensiva sui social, e quando questa venga letta da una moltitudine di persone, è uno degli elementi essenziali della diffamazione.
Spesso chi insulta personalità religiose, non comprende la gravità della cosa. Pensiamo, infatti che, anche Papa Francesco è stato insultato molte volte sui social. In questo caso, però, entriamo in un’altra situazione. Quella dove la legge punisce chi offende il prestigio e l’onore di un Capo di Stato. Tale legge, nata nel 1929, affiancava al termine Sommo Pontefice quello di Re.
Dopo 20 anni, tale termine venne sostituito con quello di Presidente della Repubblica. Si ampliano le modalità di applicazione della legge a qualsiasi capo di stato presente sul territorio, in questo caso anche al Papa.
Ma ciò che ci domandiamo è: perché insultare qualcuno che non la pensa come noi? Ma soprattutto, perché insultare anche Papa Francesco? Quanti sono quelli che hanno insultato il Pontefice, specie sulla materia “migranti”: “Che se li porti a casa sua, lì di spazio ce n’è”, o ancora: “Il Papa è comunista, lui accoglie tutti i migranti. Se li porti in Vaticano”, solo per citarne qualcuno. Molti di questi insulti, abbiamo visto, sfociano anche nel commento e nelle posizioni politiche, quando sappiamo bene che, l’unica posizione politica che ha sempre assunto Francesco è quella di Gesù Cristo, quella dettata dal Vangelo.
Ancor peggio è la situazione di quando si offende una personalità o, comunque, qualcuno che abbai un ruolo importante nella società e, di conseguenza, seguito da un vasto numero di persone. Una sentenza, sempre della Cassazione, del 2017, afferma che “la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di Facebook, quando raggiunge una vasta platea di soggetti, trova la capacità di essere lesivo alla reputazione della persona offesa e diventa condivisibile su altri social, è una vera e propria diffamazione”.
Nel nostro caso, il social network Twitter ha considerato, e quindi rimosso, dalla piattaforma tutti i “tweet violenti che esprimono odio contro qualsiasi religione o gruppo religioso”, considerando il linguaggio di questi quasi ai limiti del disumano.
Quello che ci chiediamo, a conclusione di tutto ciò, è: ma a che scopo insultare ed offendere solo chi ha un’opinione diversa dalla nostra? E, perché poi, arrivare ad offendere soprattutto chi si prodiga per il bene del prossimo, come il Santo Padre?
ROSALIA GIGLIANO
Fonte: aleteia.org
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