Oggi celebriamo la memoria di chi testimoniò con coraggio la propria fedeltà a Cristo, rifiutando di rinnegarlo a prezzo della vita.
Per questo i Beati Martiri di Damasco furono barbaramente massacrati nel corso di una terribile strage di cristiani.
Il 10 luglio 1860 a Damasco vennero uccisi per la loro fede undici cristiani. Di questo gruppo facevano parte il sacerdote francescano (spagnolo) Emmanuel Ruiz, sette suoi confratelli e i tre fratelli Massabki, laici cristiani maroniti. I loro nomi erano Francis, Abdel-el-Mooti e Rouphael.
Questi «martiri della Chiesa» vennero uccisi presso il convento francescano nel corso dei terribili massacri del 1860 avvenuti sotto il regno del governatore ottomano Ahmad Pasha.
Il primogenito dei tre fratelli Massabki, Francis, era un ricco e onesto commerciante, padre di otto figli. Il mezzano, Abdel-el-Mooti, anche lui padre di cinque figli, insegnava alla scuola francescana. Mentre Rouphael, il più giovane, era scapolo e aiutava i suoi fratelli.
Coi francescani la famiglia Massabki non condivideva soltanto dei rapporti di buon vicinato, ma anche la comune spiritualità. Le loro giornate cominciavano sempre con la preghiera in convento prima di dedicarsi agli affari quotidiani. In quel tragico 10 luglio, quando a Damasco aveva già avuto inizio l’eccidio dei cristiani, i fratelli Massabki avevano raggiunto il convento francescano vicino a Bab Tuma dopo aver saputo di un incendio scoppiato un incendio nel quartiere ortodosso.
Le stragi erano cominciate nella notte tra il 9 e l 10 luglio quando i Drusi, un’antica setta musulmana di origine siriana che si opponeva all’espansione del cristianesimo in terre tradizionalmente appannaggio dell’Islam, cominciarono a percorrere la città di Damasco massacrando i cristiani.
La strage nel convento dei francescani
Gli aggressori attaccarono anche il convento. La loro prima vittima fu il francescano Emmanuel Ruiz. Poi presero Francis, inginocchiato per raccogliersi in preghiera. Il più grande dei fratelli Massabki aveva prestato del denaro (8.000 piastre) allo sceicco degli ulema Abdallah el-Halabi, uno dei mandanti delle violenze. I facinorosi gli offrirono a nome del loro padrone di aver salva la vita a patto di diventare musulmano.
Ma Francis rispose loro: «Lo sceicco Abdallah può tenersi i miei soldi. Voi potete prendere la mia vita. Ma la mia fede, nessuno può portarmela via. Non posso rinnegare il mio Dio. […]. Sono cristiano e morirò cristiano». A quel punto gli aguzzini iniziarono a picchiarlo selvaggiamente con pugnali e asce, spargendo la sua carne e il suo sangue per tutta la chiesa. Anche gli altri due fratelli si rifiutarono di rinnegare Cristo. E anche loro vennero barbaramente uccisi. Abdel-el-Mooti venne trucidato nel cortile della chiesa, Rouphael all’interno del convento. La sorte dei frati francescani non fu migliore della loro.
Il sangue mescolato dei figli di San Marone e di San Francesco
Secondo la tradizione, tutte le vittime della strage vennero sepolte insieme nel convento. Così «si è mescolato, nello stesso crogiolo, il sangue dei figli di san Marone, provenienti dall’Oriente, con quello dei figli spirituali di san Francesco, venuti dall’Occidente: in questa stessa e suprema testimonianza di fedeltà a Gesù Cristo, e in felice e gloriosa elevazione, per sempre iscritta nella memoria dei secoli». Con queste meravigliose parole l’arcivescovo di Damasco, mons. Bechara Chemali, presentò nel 1926 a papa Pio XI il caso dei tre fratelli Massabki.
In quelle orribili stragi, perpetrate a Damasco tra il 9 luglio e il 18 luglio 1860, trovarono la morte dai quattro ai seimila cristiani. Nella capitale siriana vennero distrutte undici chiese e tre conventi, migliaia di case (si stima tra le 1.500 e le 2.000 abitazioni) furono ridotte a mucchi di pietra insieme a 200 negozi.