San Damaso, papa del IV secolo, ha salvato le catacombe dall’abbandono e difeso l’ortodossia cattolica da eresie insidiose.
Fu anche un papa coltissimo che farà tradurre le Scritture in latino da San Girolamo.
Originario della Spagna, Damaso vive a Roma nel IV secolo, prima al seguito di papa Liberio e poi come suo successore. Nel corso del suo pontificato, che durerà un ventennio, incontrerà numerose e serie difficoltà. A procurargliele sarà l’ambizioso rivale Ursino che si fa eleggere vescovo di Roma al suo posto prima di essere sconfitto e messo al bando.
Ma il governo della Chiesa non è l’unico terreno accidentato sul quale Damaso dovrà muoversi. Infatti deve fare i conti anche con le insidiosissime dottrine eretiche di Ario e Apollinare, per domare le quali Damaso dovrà proclamare ben due concili a Roma.
Un destino scritto già nel suo nome: Damaso, nome di origine greca, deriva infatti da un verbo che significava «domare» e che molto probabilmente era la forma abbreviata di un nome composto, come «domatore di cavalli» o qualcosa di simile.
Ad ogni modo il nome di papa Damaso è legato a doppio filo a quello del suo segretario, il celebre San Girolamo. Damaso lo incarica di tradurre in latino tutti i libri delle Sacre Scritture, uno sforzo monumentale che produrrà la famosa «Vulgata». San Girolamo definisce Damaso «Virgo virginis ecclesiae doctor», ovvero vergine dottore della Chiesa Vergine.
Papa Damaso infatti è un dottissimo che ama la poesia e la letteratura. Come prova, tra le altre cose, il fatto che alla sua morte, avvenuta all’età di ottant’anni a Roma, quando corre l’anno 384, abbia lasciato i famosi Carmina: versi in latino sulla vita e le opere dei primi martiri della fede cristiana.
Damaso è stato anche il più antico esploratore e archeologo delle catacombe romane, da lui fatte consolidare e ampliare per evitare che cadessero in rovina dopo che i cristiani, con la pace costantiniana, le avevano abbandonato potendo ora costruire liberamente chiese e basiliche.
San Damaso, onorando la memoria dei martiri nelle catacombe, vuole onorare la continuità e l’unità della Chiesa per la quale i testimoni della fede, i veri campioni di Cristo e non del mondo, avevano sparso il loro sangue.
Man mano che rintraccia e identifica le tombe dei primi martiri, da quel grande letterato che è Damaso le contrassegna con epigrafi poetiche per esaltare le virtù di quegli antichi fratelli di fede, più o meno conosciuti. Sue infatti sono sono alcune delle iscrizioni da lui dettate e fatte incidere sulle tombe cristiane. Eccone una ad esempio: «Che dovrei dire o che non dovrei dire? Il dolore m’’impedisce di esprimermi: sappi che questa tomba contiene le lacrime dei genitori di Proietta.
Essa si era appena unita a suo marito, radiosa di bontà, solo felice del suo pudore, prediletta, ahimè, dalla madre sventurata.
È così, che di più? Subito dopo il patto nuziale, morì, rapita agli sguardi di Floro, suo padre,
desiderando di ascendere alla luce del cielo.
Questi versi Damaso offre a tutti come conforto alle loro lacrime.
Visse 16 anni, 9 mesi, 25 giorni.
Fu sepolta il 30 dicembre, sotto il consolato di Flavio Merobaude e di Flavio Saturnino».
Damaso esplora anche la cosiddetta Cripta dei Papi, nelle Catacombe di San Callisto, dove alla fine di una lunga iscrizione scrive: «Qui io, Damaso, desidererei far seppellire i miei resti, ma temo di turbare le pie ceneri dei Santi». Si farà seppellire infatti, con discrezione e umiltà, in una località solitaria lungo la Via Ardeatina.
Esaudisci, o Signore, le nostre preghiere, e, per intercessione del tuo beato confessore e Pontefice Damaso, accordaci benignamente il perdono e la pace.
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