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Oggi 11 luglio, San Benedetto da Norcia | Padre del monachesimo occidentale e dell’Europa

San Benedetto è stato il padre del monachesimo occidentale. Ma anche uno degli artefici dell’Europa, della quale è patrono.

Maestro di preghiera e di civiltà, nessuno come lui ha saputo curare anima e corpo, tenendo assieme le cose del cielo e quelle della terra. Una sintesi alla quale Benedetto ha saputo dare una indovinatissima forma di vita compendiata nel motto ora et labora (prega e lavora).

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Benedetto nasce attorno al 480 a Norcia, in Umbra, in una famiglia nobile. Viene dunque al mondo nel V secolo, col potente e glorioso impero di Roma in piena decomposizione. È ancora bambino nel 476 quando il barbaro Odoacre depone a Ravenna Romolo Augusto, ultimo imperatore romano d’Occidente.

E proprio a Roma si reca, ancora adolescente, per dedicarsi agli studi letterari. Ma la vita dissoluta della “città eterna” lo delude. Sopraffatta da sventure d’ogni genere (carestie, inondazioni del Tevere, epidemie, lotte fratricide, il disfacimento di ciò che era stato l’impero), l’Urbe appare ai suoi occhi come un luogo di perdizione.

La fuga da Roma e la spelonca di Subiaco

Fugge da Roma e, seguendo l’esempio del grande Antonio e dei Padri del Deserto, si ritira a Enfide, l’attuale Affile, sui monti Simbruini. Qui prosegue i suoi studi in un clima di rigore e ascetismo. Attorno ai vent’anni, per nascondersi ancor più agli occhi del mondo, si fa calare da un eremita in una piccola caverna dalle parti di Subiaco. Nella spelonca rimane per tre anni. Ma malgrado viva in quella dimora nascosta, quasi da sepolto vivo, la fama delle penitenze e delle preghiere si spande attorno a Benedetto.

Come ha osservato qualche commentatore, sembrava che quanto più Benedetto si nascondesse, tanto più la luce della sua virtù lo rendesse visibile. Al punto che, morto l’abate nel vicino monastero di Vicovaro, la comunità lo chiama a sostituirlo. Ma i monaci, abituati a una disciplina blanda e un’ascesi ben poco… ascetica, ben presto si stancano del rigore imposto da Benedetto. E che non fossero propriamente uomini di Dio lo mostra il tentativo di sbarazzarsi col veleno dello scomodo nuovo priore.

Il primo monastero a Cassino

Benedetto scampa miracolosamente alla pozione letale dei monaci-killer e fa ritorno alla solitudine di Subiaco. Ma ben presto non è più solo. Un gruppetto di giovani postulanti si unisce a lui per condividere la vita di silenzio e di preghiera. È così che nasce la prima comunità benedettina.

Più tardi Benedetto e i suoi compagni Placido e Mauro si trasferiscono a Cassino. Sull’acropoli della quale, dove si trovano ancora i templi pagani, il santo costruisce la sua prima casa. Qui appare la tipica pianta del monastero, nucleo completo di vita contemplativa e di vita attiva. Sarà il modello di tutti gli altri monasteri che verranno costruiti in gran parte del mondo: un edificio chiuso su quattro lati, come una fortezza, e aperto alla luce proveniente dall’alto come un grande recipiente che prende dal cielo la linfa vitale da elargire al mondo.

C’è chi spiega il trasferimento con le angherie di un prete dei dintorni, che perseguitava Benedetto e i primi compagni per invidia. Perché, diremmo oggi, gli facevano “concorrenza” assottigliando le fila del suo gregge.

Una spiegazione che però non convince. Il prete invidioso infatti muore improvvisamente, ma Benedetto non ritorna suoi passi. Papa Benedetto XVI, che del santo porta il nome, ha proposto una spiegazione suggestiva durante un’udienza del mercoledì dedicata proprio a San Benedetto da Norcia. «Secondo Gregorio Magno, l’esodo dalla remota valle dell’Anio verso il Monte Cassio – un’altura che, dominando la vasta pianura circostante, è visibile da lontano – riveste un carattere simbolico: la vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d’essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza di vita».

L’abbazia di Montecassino, madre di innumerevoli altre abbazie, esprime alla perfezione la Regola che San Benedetto avrebbe consegnato ai suoi monaci, con una doppia missione: ora et labora, prega e lavora. Per monaci benedettini anche la preghiera deve essere un lavoro e anche il lavoro deve essere una preghiera. Una forma di vita espressa visivamente dallo stemma della comunità benedettina, nel quale la croce si innalza sull’aratro.

I monasteri, centri di preghiera e di civiltà

Con la nascita del monachesimo benedettino si accende una luce per l’Europa, sprofondata nella paura e nel caos dopo il crollo dell’Impero romano. I monaci ricopiano nei loro scriptoria tutte le opere dell’antichità classica. Grazie al loro lavoro paziente e oscuro salvano e tramandano alle generazioni successive la cultura e la civiltà del mondo classico.

Ma non solo: i monasteri si rivelano anche fucine del progresso e del lavoro, con nuove tecniche lavorative messe a punto per vincere le asprezze dei luoghi in cui i monaci benedettini vanno a insediarsi. Così all’evangelizzazione si accompagna la promozione umana, il progresso morale si sposa a quello materiale.

Col tempo i monaci imparano a dissodare terre, bonificare, irrigare. Arrivano perfino a gestire quelle che si presentano come vere e proprie aziende agricole, con allevamenti, vivai, serre sperimentali. Imparano e insegnano la viticultura, lo sfruttamento delle
foreste, l’utilizzo delle piante medicinali.

È il motivo per cui Paolo VI nel 1964 ha proclamato Benedetto patrono principale d’Europa con la lettera apostolica “Pacis nuntius”.

Una morte orante come la vita

Nel 547, a 67 anni, sentendo di essere arrivato alla fine del suo cammino terreno, il santo Patriarca si fa accompagnare nell’oratorio del monastero, dove riceve l’Eucaristia.

Poi, con l’aiuto dei discepoli che sostengono le sue deboli membra, rimane in piedi con le mani innalzate verso il cielo. Spira mormorando un’ultima preghiera.

San Benedetto muore come era vissuto: nella posizione dell’orante, supplicando il Creatore al quale aveva consacrato la sua intera esistenza.

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Preghiera della croce a San Benedetto da Norcia

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Croce del Santo Padre Benedetto.
Croce santa, sii mia luce e non sia mai il demonio mio capo.
Allontanati, satana;
non mi persuaderai mai di cose vane;
sono mali le bevande che mi versi,
bevi tu stesso il tuo veleno.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Emiliano Fumaneri

Scritto da
Emiliano Fumaneri

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