Ricordato insieme ai compagni con i quali affrontò il martirio, Sant’Antimo riuscì a convertire un sacerdote pagano.
La figura di Sant’Antimo si colloca nel IV secolo e viene ricordato l’ 11 maggio con i compagni nella fede con cui subì il martirio: Massimo, Basso, Fabio, Sisinno, Diocleziano e Fiorenzo. Questi martiri, venerati in luoghi diversi, sono collegati fra loro dagli Acta Sancti Anthimi.
Le informazioni che si hanno di Sant’Antimo sono relative prevalentemente al periodo della sua Passio, ovvero la sua prigionia e il suo martirio. Durante la carcerazione avvennero delle conversioni e dei miracoli e per un certo tempo gli fu resituita la libertà e la possibilità di predicare in tranquillità. Ma successivamente la persecuzione tornò e la sua sorte fu quella di testimone della fede con il sangue.
La conversione del proconsole romano
Sant’Antimo era un presbitero romano e nell’opera sopra citata si narra di un miracolo che vede protagonista l’intercessione di questo sacerdote che poi diventerà santo. Si racconta che Faltonio Piniano, il quale aveva sposato Anicia Lucina, discendente dell’imperatore romano Gallieno, era stato nominato proconsole in Asia dagli imperatori Diocleziano e Massimiano. Un suo consigliere, Ceramone, era morto dopo aver perseguitato i cristiani e Faltonio era stato colpito da una grave malattia.
La moglie Anicia, dopo averlo sottoposto alle cure mediche dell’epoca, non vedendo risultati si rivolse ai cristiani imprigionati e chiese aiuto a loro. Tra questi c’era Antimo che andò da Faltonio e gli disse che sarebbe guarito se si fosse convertito. In realtà avvenne così: l’uomo si avvicinò alla fede cristiana e guarì dal morbo che lo affliggeva. Dopo questo evento Faltonio Piniano decise dunque di restituire la libertà ai prigionieri e li nascose nelle sue ville in Sabina e nel Piceno.
La conversione del sacerdote pagano e il martirio
Sant’ Antimo fu ospitato in una villa che si trovava al XXII miglio della Via Salaria. Ebbe modo di continuare ad annunciare il Vangelo e a seguito della sua predicazione ci furono conversioni anche illustri ed eclatanti. Una di queste p quella di un sacerdote del dio Silvano che abbracciò il cristianesimo e arrivò a distruggere un idolo pagano.
Questa conversione però costò a Sant’Antimo la ripresa della persecuzione verso di lui. Pagò per questo perché fu denunciato al proconsole Prisco, che lo fece gettare nel Tevere con un sasso legato al collo. Ma accadde che miracolosamente sopravvisse e solo dopo morì per decapitazione. Venne sepolto nei luoghi in cui era solito andare a pregare. Via via anche gli altri compagni di Antimo morirono uccisi nei giorni e nelle settimane successive.
Il culto a Sant’Antimo
Il Martirologio Romano lo ricorda proprio in riferimento al luogo in cui fu sepolto : “A Roma al ventiduesimo miglio della via Salaria, Sant’Antimo, martire“, indicazione che rimanda agli Acta Sancti Anthimi. A Sant’Antimo furono dedicate numerose chiese e alcune leggende lo citano come vescovo di Terni, di Figligno e di Spoleto.
In provincia di Napoli c’è un paese dedicato a Sant’Antimo, che porta il suo nome e di cui lui è il patrono. Fin dal IX secolo, infatti, i monaci Benedettini avevano dedicato a Sant Antimo una grande abbazia che sorge tra Siena e Grosseto, alle pendici del Monte Amiata, che fu poi ricostruita nel 1100 in stile romanico.
Sant’Antimo nel corso del tempo è stato particolarmente venerato a Passo Corese, una frazione di Fara in Sabina anticamente chiamato Cures Sabini.