Ha lasciato il segno in un breve pontificato trasmettendo la tenerezza della paternità di Dio e per questo è chiamato il “Papa buono”.
Con il nome di Angelo Giuseppe Roncalli nasce a Sotto il Monte in provincia di Bergamo il 25 novembre 1881. Quarto di tredici fratelli, primo maschio dopo tre sorelle, viene educato alla fede dai genitori ferventi cattolici.
Ma è anche la dedizione del prozio celibe che si dedicava alla cura dei nipoti che lo forma come credente. Appena conclusa la scuola elementare si avvia ad entrare in seminario avendo manifestato già nell’infanzia un’inclinazione alla vita religiosa.
Studia prima nel seminario di Bergamo poi a Roma e a poco più di 22 anni consegue il dottorato in teologia. Appena il mese dopo viene ordinato sacerdote. Diventa presto segretario del vescovo di Bergamo, mons. Radini Tedeschi, incarico che ricopre per dieci anni.
A questo si sommano vari altri incarichi tra cui l’insegnamento in seminario di materie come patrologia, storia ecclesiastica e apologetica. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1915 è cappellano presso gli ospedali militari e si occupa di assistere i feriti.
La grande carità e l’attività diplomatica
In quel periodo compie atti di grande carità come rischiare il contagio e quindi la vita pur di aiutare i soldati malati di tubercolosi.
Nel 1920 è chiamato dal Papa a presiedere l’opera di Propagazione della Fede in Italia che lo porta a viaggiare all’estero. Nel 1925 diventa Visistatore Apostolico in Bulgaria e viene nominato vescovo.
In quel Paese vi rimane dieci anni riorganizzando la Chiesa cattolica locale tra varie difficoltà. Successivamente ha gli incarichi di Delegato apostolico in Turchia e in Grecia affinando la sua attività diplomatica.
Nel 1944 diviene Nunzio apostolico a Parigi e poi nel 1953 creato cardinale riceve la nomina di patriarca di Venezia. Il 28 ottobre 1958 nel conclave per eleggere il successore di Papa Pio XII diventa il 261° vescovo di Roma.
L’intuizione del Concilio Vaticano II
Data l’età avanzata, aveva 77 anni al momento dell’elezione, si pensava ad un pontificato di transizione. In realtà fu breve ma molto intenso tanto da aver dato vita ad un evento così importante come il Concilio Vaticano II.
Annunciato il 25 aprile 1959, è stata un’intuizione che Giovanni XIII ha maturato personalmente dopo varie consultazioni con i suoi più stretti collaboratori. Con inizio l’ 11 ottobre 1962 il Concilio Vaticano II mirava a riproporre la dottrina cattolica, immutabile, in modo più consono alla sensibilità contemporanea.
Sottolineando la misericordia di Dio e il dialogo ha promosso una missione ecclesiale volta ad abbracciare tutti gli uomini aprendo all’ecumenismo in un dialogo fruttuoso. Giovanni XXIII non vedrà la conclusione del Concilio perché lascia questa terra la sera del 3 giugno 1963 per un cancro allo stomaco che lo porta via in poco tempo.
Lascia le encicliche Mater et Magistra e Pacem in terris e una fama di santità che lo porterà alla beatificazione nel 2000 e alla canonizzazione nel 2014.
La devozione a Maria e il volto della tenerezza
Con un’impostazione religiosa di stampo contadino, ricevuta nell’infanzia, nella spiritualità di San Giovanni XXIII è presente una forte devozione mariana.
Forse è proprio da questa devozione che trae la dolcezza e la bonarietà che lo contraddistingue. È attento a raggiungere i lontani da Dio e anche coloro che appartengono ad altre confessioni religiose. Esorta alla fraternità come elemento fondamentale del vivere sociale.
Introduce nel papato uno stile improntato alla semplicità ed è ricordato per alcuni gesti di particolare tenerezza. La visita ai bambini ricoverati all’Ospedale Bambin Gesù in occasione delle feste di Natale.
Diventato storico è anche il celebre “discorso alla luna” pronunciato a braccio la sera dell’11 ottobre 1962 dalla finestra del Palazzo Apostolico alla folla che si era riunita in piazza San Pietro per la fiaccolata di preghiera per l’apertura del Concilio.
Dopo aver benedetto la gente esortando all’amore fraterno e all’amore verso Dio, con parole semplici e sgorganti dal cuore ha concluso invitando a portare ai bambini a casa una carezza.
“Questa è la carezza del Papa” ha invitato a dire, così come ad asciugare qualche lacrima, a pronunciare una parola buona a qualcuno. Con profonda tenerezza ha indicato ad avere fiducia in Cristo e ad essere certi del suo ascolto e del suo amore.