Vescovo di Costantinopoli e teologo, uomo che sapeva parlare al popolo e ai pagani, tanto da esser definito “bocca d’oro”.
Il suo zelo e il suo rigore furono causa di forti opposizioni alla sua persona. Dovette subire un doppio esilio, ma nonostante tutto si dimostrò un ottimo pastore ed un maestro di fede.
In questo tredicesimo giorno del mese di settembre, la chiesa venera San Giovanni Crisostomo. Nacque ad Antiochia nel periodo dei profondi contrasti si erano verificati in Oriente, ed anche ad Antiochia, tra pagani, manichei, ariani, apollinaristi, ebrei.
Giovanni visse in tale clima di contrasti e, secondo quanto racconta di sé nei suoi scritti, in giovane età fu irrequieto e “incatenato alle passioni del mondo”. A 18 anni incontrò il vescovo Melezio e chiese di essere battezzato.
Da allora, iniziò a seguire i corsi di esegesi di Diodoro di Tarso, la cui scuola era famosa per l’interpretazione letterale delle Sacre scritture. Terminati gli studi, ricevette gli ordini minori e si ritirò in un eremitaggio nel quale si dedicò allo studio della teologia.
Divenne Patriarca di Costantinopoli il 28 febbraio 398. Combatté con rigore le eresie e si impose con autorità sulle diocesi a lui sottomesse dell’Asia minore. Molto schivo, prendeva i pasti da solo e promosse un modo di vita molto frugale per il clero costantinopolitano.
Giovanni si adoperò nell’intento di moralizzare il clero di Costantinopoli, criticando i suoi eccessi e il suo stile di vita. I suoi sforzi cozzarono contro una forte resistenza e quindi furono limitati e provvisori. Era un eccellente predicatore e come teologo ebbe notevole stima nella cristianità dell’oriente. Contrariamente al costume diffuso dell’epoca, di parlare per allegorie, adottò uno stile diretto utilizzando i passi biblici come lezioni e ammaestramento nella vita di tutti i giorni.
O glorioso San Giovanni Crisostomo, che,
soffrendo sempre con inalterabile rassegnazione le calunnie
pubblicate contro di voi dai più potenti nemici,
quindi la deposizione, e per ben duo volte l’esilio dalla vostra sede,
e l’assassinamento tentato della vostra persona,
foste ancora da Dio medesimo glorificato col terremoto
e colla grandine che desolarono Costantinopoli in pena della vostra espulsione,
collo suppliche a voi spedite per richiamarvi,
colle più orrende disgrazie sopraggiunto ai vostri persecutori,
e finalmente coi più stupendi prodigi operati a vantaggio dei luoghi disagiatissimi in cui foste rilegato,
ottenete a noi tutti la grazia di soffrire sempre con mansuetudine,
anzi di ricambiare coi benefizi gli affronti dei nostri nemici,
onde impegnare l’Altissimo a glorificarci a misura delle sofferte umiliazioni.
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ROSALIA GIGLIANO
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