Massimiliano Maria Kolbe è l’eroico frate conventuale innamorato di Maria che nel campo di concentramento di Auschwitz offrì la propria vita per salvare quella di un padre di famiglia.
Spese tutta la sua vita per amore dell’Immacolata, fino allo straordinario gesto che testimoniò la carità più alta nell’inferno del Lager nazista.
Padre Kolbe nasce in Polonia l’8 gennaio 1894, col nome di Raimondo (Rajmund), a Sudunzska-Wola, una cittadina del centro industriale di Lodz. Viene al mondo in una famiglia di operai tessili. Nel 1907 abbraccia la regola di san Francesco tra i minori conventuali di Leopoli, dove tre anni dopo assume il nome di Massimiliano.
Va a studiare a Roma (dove viene ordinato sacerdote) e si laurea in teologia. Nel 1919 ritorna in Polonia. E qui, a pochi chilometri da Varsavia, nel 1927 dà vita a Niepokalanów, la «Città dell’Immacolata». I suoi cittadini, tutti frati, vivono in rigorosa povertà e si dedicano all’apostolato per mezzo della stampa.
I frati si rendono protagonisti di un sorprendente boom editoriale. Il «Cavaliere dell’Immacolata», la rivista della Milizia dell’Immacolata, l’associazione fondata da padre Kolbe, arriva a 50 mila copie, per affermarsi successivamente come settimanale da 750 mila copie (con un picco di 1 milione nel 1938).
Un chiodo fisso di nome Immacolata
L’Immacolata, alla quale padre Kolbe ha intitolato la maggior parte delle sue riviste, è al centro dei pensieri del frate. È per questo che, ancor prima di diventare sacerdote, aveva fondato a Roma, il 16 ottobre 1917, la Milizia dell’immacolata, uno strumento per far conoscere e vivere la devozione alla Vergine Maria, madre del Salvatore.
Nel 1930 Kolbe va in missione in Giappone. Nel Paese del Sol levante fonda un’altra Città dell’Immacolata, animata dallo stesso spirito e dagli stessi ideali della prima. Una volta rientrato definitivamente in Polonia, dopo un altro paio di altri viaggi «missionari» in Giappone e in altri paesi asiatici, padre Kolbe si dedica anima e corpo alla sua opera. Quando scoppia la seconda guerra mondiale è alla testa del più importante complesso editoriale della Polonia.
Deportato ad Auschwitz
Il 19 settembre 1939 viene arrestato dalla Gestapo. I nazisti lo deportano prima a Lamsdorf, in Germania, poi nel campo di concentramento di Amlitz. Lo rilasciano l’8 dicembre 1939. Padre Kolbe torna così a Niepokalanéw, per riprendere l’attività interrotta. Ma non è finita. Viene nuovamente arrestato nel 1941 e rinchiuso nel carcere di Pawiak a Varsavia.
Infine viene deportato nel Lager di Auschwitz, dove conclude con uno straordinario atto d’amore una vita tutta consacrata all’Immacolata e al servizio dei fratelli. Padre Kolbe, destinato a lavori umilianti, come il trasporto dei cadaveri, viene più volte bastonato. Riesce anche, malgrado i divieti, a celebrare due volte una messa e continua il suo ministero come sacerdote.
L’offerta della propria vita
Alla fine del luglio 1941 gli aguzzini lo trasferiscono al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi. Uno di loro riesce a darsi alla fuga. E così, in base all’inesorabile legge della rappresaglia, dieci prigionieri vengono condannati a morire di fame nel cosiddetto bunker della fame nel Blocco 13. Padre Kolbe esce dalle file dei prigionieri e si offre di morire al posto di Franciszek Gajowniczek, un padre di famiglia. Inaspettatamente lo scambio viene accettato.
Ancora vivo dopo due settimane di stenti, il frate, che ha trasformato la sua cella in un cenacolo di preghiera, continua a cantare e a innalzare inni all’Immacolata. La sua calma impressiona le SS di guardia che alla fine lo uccidono con un’iniezione di acido fenico per sgomberare la cella, che doveva servire per altre vittime.
Un testimone racconta che «porse lui stesso, con la preghiera sulle labbra, il braccio al carnefice». Viene trovato qualche ora dopo, «appoggiato al muro, con la testa inclinata sul fianco sinistro. La faccia era raggiante in modo insolito. Gli occhi aperti e concentrati in un punto. Lo si sarebbe detto in estasi». La morte arriva il 14 agosto 1941, alla vigilia dell’Assunta, la festa della Madre di Dio alla quale Massimiliano Kolbe è sempre stato devoto chiamandola con il nome di «dolce mamma».
Giovanni Paolo II lo proclama santo
A elevarlo agli onori degli altari, nel 1982, sarà un altro grande figlio della Polonia: Giovanni Paolo II, il primo papa polacco che ad Assisi lo aveva informalmente proclamato «patrono del nostro difficile secolo», un testimone della carità più estrema in un mondo sconvolto dall’odio.
Come ha scritto il filosofo cattolico (di famiglia ebraica) Fabrice Hadjadj: «Massimiliano Kolbe non muore soltanto per quel padre di famiglia. Muore innanzitutto per la Legge di Dio, e quindi per tutti gli uomini, buoni e cattivi. Muore per tutti noi, nazisti potenziali, morendo in particolare per le SS di Fritzsch. Capovolge sotto i loro occhi quella legge di Auschwitz che tenta di abolire la Legge divina. Auschwitz vuole privare gli uomini della loro morte umana. Massimiliano Kolbe rivela in essa la possibilità di una morte santa. Auschwitz vuole ricondurre l’uomo a un materiale economico e ideologico; Massimiliano Kolbe ne mostra l’inafferrabile densità e la gratuità d’amore. Auschwitz afferma che ci si innalza solo abbassando gli altri. Massimiliano Kolbe ricorda che colui che si abbassa sarà innalzato. Il suo sacrificio nella scia di Cristo manifesta che la grandezza è nell’umiltà, non nel dominio e che, contrariamente alle tesi del darwinismo sociale, il più adatto non è colui che sopravvive schiacciando i suoi congeneri, ma colui che per essi accetta di dare la propria vita».
Preghiera a San Massimiliano Maria Kolbe
San Massimiliano, nelle tenebre di Auschwitz tu sei stato una luce, hai donato fiducia e speranza ai tuoi compagni di prigionia, hai donato tutto fino alla fine: la tua stessa vita, per amore. Insieme a te, a tutta la Chiesa, desidero pregare per la pace nel mondo, per la giustizia, il rispetto della dignità e del valore di ogni persona. San Massimiliano, aiutami a diventare simile a te, strumento di comunione, volto della tenerezza materna di Maria, testimone di carità, voce che annuncia: «Solo l’amore crea». San Massimiliano Kolbe, prega per noi!