Sacerdote carmelitano, San Giovanni della Croce fu amico di Santa Teres d’Avila e visse un percorso di ascesi attraverso il buio dell’anima.
“Per giungere dove non sei, devi passare per dove non vuoi. Per giungere a possedere tutto, non voler possedere niente. Per giungere ad essere tutto, non voler essere niente”: queste parole racchiudono molto del pensiero teologico di San Giovanni della Croce.
Con il nome di Juan de Yepes Álvarez nacque a Fontiveros, una località nei pressi di Avila, nella vecchia Castiglia, il 24 giugno 1542 da una famiglia molto povera. Rimasto presto orfano di padre si trasferì con la madre da un luogo all’altro.
Frequentò il Collegio dei Gesuiti di Medina del Campo studiando scienze umane, lingue classiche e retorica. Dopo questo periodo avvenne l’incontro con Santa Teresa d’Avila, che aveva iniziato l’opera di riforma del Carmelo. Ne nacque una profonda amicizia e un’intensa collaborazione.
Giovanni fece parte della prima comunità maschile riformata e prese l’appellativo “della Croce” e diventò il confessore del monastero dell’Incarnazione di Avila.
Il carcere e le sofferenze della “notte oscura”
L’opposizione di alcuni carmelitani non riformati gli procurò molti problemi. Subì grandi umiliazioni e sotto l’accusa di essere un frate disobbediente e ribelle venne arrestato e imprigionato. Soffrì fisicamente patendo il freddo in una stretta prigione, poco illuminata e spoglia.
Lì trascorse una detenzione durata nove mesi mangiando prevalentemente pane e acqua, vestendo una sola tonaca. Veniva flagellato nel refettorio alla presenza di tutti ogni venerdì.
Era inevitabile che si ammalasse, preso dalla febbre e dai pidocchi. Dimenticato da quasi tutti Giovanni visse quella che definì la sua “notte oscura”, non solo la sofferenza fisica, ma anche quella spirituale dell’aridità e del non avvertire la presenza di Dio.
Ma tutto questo fu vissuto da lui come un percorso ascetico che elevò la sua anima. Durante questo terribile periodo compose intense poesie d’amore con immagini bibliche, simboli e l’espressione dei suoi più profondi sentimenti.
La vigilia del giorno dell’Assunta 1578 fuggì dal carcere rischiando la vita perché in caso fosse stato catturato sarebbe stato ucciso.
Dopo il riconoscimento pontificio della riforma carmelitana finalmente Giovanni ebbe modo di vivere liberamente e andò in Andalusia dove scrisse la gran parte delle sue opere di spiritualità. Si ricordano il Cantico spirituale in poesia, la Salita al Monte Carmelo, la Notte Oscura.
Maestro di mistica: il pensiero di San Giovanni della Croce
Le difficoltà fisiche e spirituali che sperimentò fecero crescere e maturare la sua spiritualità che prese forma compiuta.
Considerava l’esistenza dell’uomo come un cammino alla ricerca di un ritorno verso il Creatore da cui deriva. Immaginava questo percorso come una salita verso una montagna, che simbolicamente identificava nel Monte Carmelo, la vetta, il punto dell’incontro con Dio.
Si tratta di un cammino fatto di tante tappe che comprendono fasi buie. C’è la notte dei sensi e quella dello spirito, attraverso cui l’anima si libera prima dagli attaccamenti terreni e materiali che costituiscono delle zavorre a cui rimane legato. Poi si libera dalle false credenze e certezze e sperimenta l’affidamento e l’abbandono fiducioso al Signore.
In una via ascetica con coraggio e pazienza dati dall’amore bisogna affrontare una purificazione dei sensi e dello spirito.
La rinuncia delle cose materiali, la spoliazione totale di sé per trovare Dio nella mancanza di tutto fisicamente e spiritualmente ha come filo conduttore l’amore e non è una rinuncia intesa come idolatria del dolore.
“Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio. E dove non c’è amore, metta amore e ne riceverà amore” erano le sue parole.
All’età di 49 anni, nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1591 nel monastero di Ubeda in Andalusia, poco dopo la mezzanotte, Giovanni della Croce si congedò dai confratelli che stavano recitando l’Ufficio delle letture dicendo “Oggi vado a cantare l’Ufficio in cielo” e morì. Fu beatificanto nel 1675 e successivamente canonizzato nel 1726.