Oggi 14 gennaio, festa di San Felice da Nola: salvato miracolosamente da un angelo

Sacerdote testimone della fede, san Felice da Nola fu perseguitato e torturato ed ebbe l’aiuto di un angelo che lo salvò prodigiosamente.

San Felice da Nola
San Felice da Nola – lalucedimaria.it

La fama di santità di san Felice da Nola, la cui memoria liturgica è oggi 14 gennaio, era forte già quando era in vita. Poi quando morì fu considerato martire, nonostante non venne ucciso. Aveva però patito moltissimo la persecuzione ai cristiani e in un episodio fu salvato da un angelo.

La sua epoca è il III secolo: non si conosce la data di nascita di san Nicola, ma si sa che era figlio di un siriaco di condizione agiata. Dall’Oriente il padre era arrivato in Italia, evidentemente nella cittadina campana.

Santo di oggi 14 gennaio: San Felice da Nola

Sembra che san Felice avesse un fratello di nome Ermia che faceva il soldato. Lui invece avvertì la vocazione religiosa e dopo la morte del padre vendette gran parte dei beni e distribuì il ricavato ai poveri, poi divenne sacerdote.

Le poche notizie sulla sua storia, che giungono fino a noi, provengono dalle opere di san Paolino da Nola, suo conterraneo. In 14 carmi composti tra il 395 e il 409, il santo vescovo della cittadina campana, Paolino da Nola, appunto, espresse la sua devozione a questo santo: prendono il nome di carmina natalizia e fanno riferimento al dies natalis di questo santo.

Collaboratore del vescovo di Nola, Massimo, san Felice andò incontro alla persecuzione che attanagliava i cristiani in quel periodo. Quando questo vescovo, anziano e malato andò a rifugiarsi sulle montagne, affidò a lui la cura della diocesi.

La persecuzione e le torture

Felice fu perseguitato e subì molte torture. Venne imprigionato e indotto all’abiura, come erano solito fare i persecutori a quei tempi. Si chiedeva ai prigionieri cristiani di rinnegare la propria fede offrendo sacrifici agli dei pagani: in cambio si prometteva la libertà e la salvezza della vita.

Ma Felice si rifiutò di abiurare e rimase saldo nella fede con fermezza. Durante la sua prigionia si narra di un prodigio di cui fu protagonista. Un angelo intervenne a liberarlo e lo portò al sicuro nel luogo in cui si era rifugiato il vescovo.

Secondo la tradizione accaddero prodigi su prodigi: oltre alla liberazione da parte dell’angelo, quando Felice arrivò nel luogo del rifugio per rifocillarsi ebbe da bere del vino, nonostante non fosse la stagione in avrebbe potuto esserci.

Inoltre, il vescovo Massimo se lo caricò sulle spalle e lo portò in città per affidarlo alle cure di una donna cristiana. Successivamente, in un periodo più tranquillo dalle persecuzioni gli fu proposto l’episcopato. Ma luì rifiutò in favore di un altro e preferì andare a ritirarsi per condurre una vita di preghiera in povertà, rifiutando anche la restituzione dei beni che gli erano stati precedentemente confiscati.

Non si conosce neppure la data esatta della morte, che viene ricondotta al 14 gennaio forse del 313, e comunque “in avanzata vecchiaia“, come sottolinea il Martirologio Romano. Lo stesso lo ricorda anche come “invitto difensore della fede“. Di certo si sa anche che pur non essendo morto come martire era comunque considerato tale.

Per la vita esemplare che aveva condotto la sua tomba, posta nella vicina cittadina di Cimitile divenne meta di pellegrinaggio. Si dice anche che fu fonte di miracoli, e venne chiamata Ara Veritatis. Il santo infatti veniva invocato spesso affinché prevalesse la verità contro la falsa testimonianza.

All’inizio del V secolo, data la folla di pellegrini che giungevano alla sua tomba, san Paolino da Nola, che era vescovo, fece edificare una nuova basilica in suo onore. Nei secoli successivi lì sorsero altre cinque basiliche. Spesso la figura di san Felice da Nola fu confusa con quella di altri santi omonimi o simili rendendo complicata l’identificazione.

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