Un’esistenza al totale servizio di Cristo sofferente nei malati e negli infermi. Questa in sintesi la vita di Camillo de Lellis.
Depose la spada del soldato di ventura per vestirsi di una croce rosso fuoco, come il fuoco della carità più estrema.
Camillo de Lellis nasce in una famiglia nobile a Bucchianico, presso Chieti, il 25 maggio 1550. Suo padre, Giovanni, è un capitano di ventura o, meglio, un mercenario che presta i suoi servizi a chi offre di più.
Anche il giovane Camillo segue le orme paterne arruolandosi al suo fianco e mettendosi al servizio della Repubblica Serenissima di Venezia per combattere i Turchi a Lepanto. I due però non combattono in quella storica battaglia. Il padre Giovanni muore a Loreto e Camillo finisce a Roma a causa di un piede ulcerato, nell’Ospedale di san Giacomo degli Incurabili. Non avendo una malattia grave, è costretto a “guadagnarsi” le cure. Finisce così a fare l’infermiere, senza peraltro brillare per impegno.
Stanco della vita in ospedale, se ne va prima ancora che il piede gli guarisca e si arruola nell’esercito della seconda lega anti turca. Prima va in Dalmazia, poi a Tunisi, dopo una parentesi con gli spagnoli. Infine viene congedato nell’ottobre del 1574.
“Aggredito” dalla grazia
È dunque “disoccupato” quando avviene il fatto che gli cambia per sempre l’esistenza. Costretto a fare il manovale nel convento dei Cappuccini di Manfredonia, sta percorrendo a cavalcioni di un asino la strada che da San Giovanni Rotondo porta a Manfredonia quando cade nell'”agguato” più imprevedibile della sua vita: quello di Dio. Anche lui, come San Paolo, si vede folgorare dalla grazie divina.
Il giorno dopo, deciso a mutare radicalmente indirizzo di vita, chiede di entrare nel giovane ordine cappuccino. Ma la piaga al piede ulcerato torna a riaprirsi costringendolo a tornare nuovamente all’Ospedale romano di San Giacomo. Questa volta però lo spirito è completamente differente.
L’ex mercenario folgorato dalla grazia di Dio intravede in ogni malato un Cristo sofferente. E quanto più il malato è “difficile” e impaziente, tanto più Camillo moltiplica pazienza e dedizione per accudirlo. Rivolgendosi ai malati dice loro: «Non chiedetemi per favore: comandatemi, perché voi siete i miei padroni».
Instancabile, Camillo soccorre tutti incessantemente anche se zoppica a causa del suo piede malmesso. Tutti cominciano a chiedere di lui. Non solo i malati, ma anche i personaggi più in vista di Roma che hanno appreso la fama di questo infermiere fuori dal comune.
Un infermiere “occupato” con Gesù
Ai ricchi però Camillo preferisce chiaramente i poveri, così come privilegia gli ammalati ai sani. «Ditegli che abbia pazienza — fa rispondere a chi lo cerca —. Sono occupato con nostro Signor Gesù Cristo».
Il 1575, anno del Giubileo, è un momento di capitale importanza: gli ospedali sì riempiono di pellegrini malati. Camillo, dopo aver preso i voti, pensa a un nuovo ordine religioso che si consacri interamente alla cura di chi soffre. Vedono così la luce i «Ministri degli infermi». Ministri – vale a dire servi – dei malati, con un segno distintivo: una croce rossa che campeggia su una talare nera. Una croce rossa come il sangue e come il fuoco (rispettivamente il sangue di Gesù e il fuoco della carità) che diventa così simbolo della più nobile e cristiana delle Crociate: la battaglia senza posa al male fisico e a quello morale (cioè il peccato).
Patrono degli ammalati, degli infermieri e degli ospedali
Papa Sisto V approva la Compagnia dei ministri degli infermi il 26 giugno 1596. Camillo, capitano dell’esercito della carità, assiste i malati fino alla fine della vita, giunta il 14 luglio 1614.
Nel 1746 viene proclamato Santo, nel 1886 lo dichiarano proclama patrono dei malati, degli infermieri e degli ospedali insieme a un altro colosso della carità come San Giovanni di Dio.