Bonaventura, uomo di cultura e preghiera, si è distinto per ciò che ha fatto per San Francesco d’Assisi.
Maestro di sapienza e di carità, ha testimoniato con la sua vita come coniugare intelligenza e umiltà, fede e ragione.
Bonaventura nasce tra il 1217 e il 1221 a Bagnorea, oggi Bagnoregio, presso Viterbo, da Giovanni di Fidanza (medico) e Rita. Fin da giovane dà prova di un ingegno non comune e completa gli studi a Parigi, ossia in quella che era la capitale intellettuale dell’Europa medievale.
Passati i vent’anni, e col titolo di Maestro, entra nell’Ordine francescano. Ad affascinarlo, lui uomo di cultura, sono la semplicità e la freschezza dei figli spirituali di San Francesco. Dice che attrarlo nell’Ordine è proprio la sua somiglianza con la Chiesa, cominciata con uomini semplici, come rudi pescatori e contadini, per poi richiamare, più tardi, gli uomini di scienza.
Bonaventura fa ritorno a Parigi col saio dei francescani per studiare teologia. I suoi maestri sono due luminari del tempo: Alessandro di Hales e Giovanni de la Rochelle. Nel 1253 arriva a ottenere la cattedra di teologia nell’università parigina, ma tre anni dopo lascia l’insegnamento perché viene eletto – a soli trentasei anni – generale dei frati minori.
Bonaventura diventa il frate più colto di tutto l’Ordine francescano. Ma anche il più umile: il più ricco di dottrina, ma anche quello più pronto all’obbedienza. Riesce a essere al tempo stesso maestro di scienza e maestro di vita.
È a lui, nel 1260, nel Capitolo tenuto a Narbona, che l’Ordine francescano affida il compito di scrivere la vita ufficiale di San Francesco d’Assisi: la cosiddetta Legenda maior, che Giotto poi illustrerà sulle pareti della chiesa superiore di San Francesco, ad Assisi, e che è ritenuta la più attendibile biografia di San Francesco.
Bonaventura, che non ha conosciuto di persona il Poverello di Assisi, ne continua comunque lo spirito, infondendo lo stesso stile francescano in tempi e circostanze nuove. Dopo l’epopea dei primi compagni di Francesco, era maturato nella nuova generazione di frati il bisogno di penetrare non solo gli ambienti più umili e popolari, ma anche negli ambienti intellettuali. Non escluse, anzi, le Università dove si completava la formazione dei giovani studiosi.
C’era naturalmente un pericolo. Il timore — non del tutto infondato — era che, entrando in quegli ambienti, i francescani potessero insuperbirsi, perdendo in umiltà e semplicità quel che potevano guadagnare in scienza e intelletto.
In San Bonaventura, devotissimo alla Vergine Maria, la sapienza convive con la semplicità, l’umiltà, l’attaccamento alla povertà, l’amore per i poveri e lo spirito di preghiera. È la più bella smentita a chi teme che la cultura possa, di per sé, sedurre e corrompere. Ai frati che coltivano questa paura Bonaventura risponde che una vecchierella ignorante può amare Dio anche di più di un maestro di teologia.
La base della dottrina di San Bonaventura è l’amore, anzi la carità. Mentre si trova alla Verna, il monte dove Francesco aveva ricevuto le stimmate, scrive il suo libro più noto: Itinerario della mente in Dio. In quell’opera sostiene che l’intelligenza deve essere come le ali del Serafino che proprio lì, alla Verna, era apparso a San Francesco. Ali risplendenti e infuocate: risplendenti perché infuocate. L’intelligenza del cristiano deve essere fuoco di carità, non per eccellere o valere di più, ma per capire e amare ancor di più quelle verità che la mente infuocata scopre nella sua ascesa verso la verità eterna che è Dio, infinito amore e assoluta carità.
Papa Gregorio X, che lo fa prima vescovo (di Albano Laziale) e poi cardinale, lo incarica di preparare il secondo concilio di Lione. Ma Bonaventura non fa a tempo a vederne la fine. Muore infatti (il 15 luglio 1274) mentre partecipa ai lavori conciliari.
Sisto IV (papa francescano) lo canonizza nel 1482. Nel 1588 un altro francescano, papa Sisto V, lo nomina a dottore della Chiesa.
Augusta Regina dei cieli! Tu che in virtù della tua prerogativa di Madre di Dio puoi comandare le potestà dell’inferno, degnati di ordinare che impediscano ai demoni di provocarci il minimo danno, e fa’ che gli angeli ci proteggano e ci preservino da ogni male e da qualsiasi pericolo. Amen.
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