Modello di fedeltà agli appelli del cielo e ai doveri della terra, l’umile contadino Isidoro ci insegna a mettere sempre Dio al primo posto.
Quella del contadino Isidoro era una famiglia povera di beni materiali ma senz’altro ricca di beni spirituali visto che anche la moglie, Maria Toribia, viene ricordata come beata (il 9 settembre).
Parafrasando un famoso film dei primi anni Settanta, potremmo dire che con Isidoro, semplice bracciante madrileno del XII secolo, la classe contadina va in Paradiso. Letteralmente, non metaforicamente. Peraltro sarà canonizzato, il 25 maggio 1622, insieme a degli autentici colossi della santità come l’italiano Filippo Neri e altri tre spagnoli: Ignazio da Loyola, Francesco Saverio, Teresa d’Avila (e scusate se è poco).
Se i suoi quattro illustri compagni di santità (tutti vissuti nel XVI secolo) erano giunti con rapidità agli onori degli altari, Isidoro aveva atteso ben cinque secoli – e la “spinta” di re Filippo II – prima di essere proclamato santo. La gloria degli altari e quella del cielo Isidoro se le era guadagnate in maniera molto diversa: zappando umilmente la terra.
Un contadino coi piedi per terra e la testa in cielo
Alternative del resto non ce ne potevano essere molte per quel povero giovane che aveva visto la luce a Madrid, alla fine del XI secolo, in una famiglia poverissima che non poteva dargli alcun tipo di tesoro se non indicargli la strada per quello più prezioso: il regno dei cieli. La Chiesa allora era l’unico luogo al quale anche poveri e ignoranti come Isidoro – che naturalmente non sapeva né leggere né scrivere – potessero avere accesso.
Isidoro si troverà da lavorare – come contadino naturalmente – nella terra di un ricco possidente di nome Giovanni de Vargas. Giovane e in salute, maneggiare la zappa per guadagnarsi da vivere non era un peso eccessivo per lui che ben presto sposerà un’altra giovane sana, onesta e religiosa come lui: Maria Toribia.
Ora et labora
Tutte le mattine, prima di andare a consumarsi la schiena lavorando sulla dura terra Isidoro non mancava mai, alzandosi prima del dovuto e sacrificando il riposo, di andare a Messa. Insomma, un programma di vita che non sarebbe dispiaciuto a un San Benedetto, maestro dell’ora et labora. Dopo aver pregato e partecipato al sacrificio eucaristico anche i sacrifici del lavoro sembravano più leggeri a Isidoro. E non solo: gli riuscivano pure meglio.
Gli altri salariati però si lamentavano: durante la giornata al lavoro nei campi lo vedevano spesso appartarsi in preghiera. E così fioccavano le lamentele e le accuse contro di lui: di essere uno scansafatiche, di vivere sulle spalle degli altri braccianti, di perdere tempo inginocchiandosi a pregare mentre loro sgobbavano, ecc. Eppure l’orazione non sembrava togliere niente all’aratura: alla sera infatti anche la parte di terra di Isidoro era tutta dissodata.
Anche gli angeli zappano la terra
Stupito della quantità di terra zappata da Isidoro e dal numero dei solchi che riusciva a tracciare, un giorno il padrone lo sorvegliò senza farsi vedere. Enorme fu la sua sorpresa nello scorgere due giovani sconosciuti impegnati a lavorare a fianco del contadino dalle mani callose. Una sorpresa che si fece ancora maggiore quando notò che mentre Isidoro sudava, i suoi due giovani aiutanti conservavano inalterate le loro fattezze. Erano infatti due angeli venuti in soccorso del santo contadino mettendosi alla guida dei buoi.
Rimasto sconvolto, a Giovanni de Vargas non restò altro che affidare del tutto la propria terra a quel contadino che dava a Dio il primo posto senza mai trascurare i propri doveri terreni. Da bracciante malvisto e sospettato di assenteismo Isidoro diventò così uomo di fiducia del padrone. Con gran vantaggio non soltanto per il primo ma anche per i poveri, ai quali Isidoro donava quasi per intero la sua parte, d’accordo con la moglie (la coppia avrà un bimbo, che morirà però in tenera età).
La prodigiosa moltiplicazione del grano
La famiglia di Isidoro però non mancherà mai di nulla. Ai due sposi, a dire il vero, non mancheranno nemmeno gli ostacoli. In particolare dovranno fare i conti con l’invidia altrui. Lavorando sotto diversi padroni, i due pensarono però soltanto a gareggiare a santificarsi l’un l’altro, conducendo un’esistenza da onesti e operosi contadini, spendente di santità.
Durante i mesi invernali Isidoro pensava anche ai passerotti affamati, rimasti privi di cibo. Così, andando al mulino, sparpagliava per strada manciate di grano. Al mulino arrivava così col sacco mezzo vuoto. Salvo poi rientrare con lo stesso sacco pieno zeppo di farina: prodigiosamente, quel poco di grano restato sotto la macina rendeva il doppio.
La classe contadina va in Paradiso
Alla morte, nel 1130, Isidoro sarà seppellito per quella che era la sua condizione di oscuro lavoratore della terra: come un semplice contadino, quindi, senza particolari onori, nel camposanto madrileno di Sant’Andrea. Ma anche da quel campo fioriranno miracoli finché, nel 1170, il corpo del santo campesino non venne trasportato nella chiesa madrilena di Sant’Andrea. Dove i miracoli, lungi dall’arrestarsi, proseguirono.
Per guarire da una grave malattia il re Filippo II si farà portare nella regia le reliquie di Isidoro. Dopo aver ricevuto la grazia, spingerà per la canonizzazione del bracciante che, come detto, Papa Gregorio XV proclamerà santo insieme a giganti della fede e della mistica come Ignazio da Loyola, Francesco Saverio, Filippo Neri e Teresa d’Avila. E così da quel giorno contadini, campi e raccolti avranno il loro Santo protettore: Isidoro, modello di fedeltà ai doveri lavorativi e di carità operosa verso i più poveri tra i poveri.
Adesso le reliquie di sant’Isidoro si trovano nella cattedrale di Madrid. Il santo contadino è anche patrono della capitale spagnola che lo festeggia ancora oggi con tutti gli onori.
Preghiera a Sant’Isidoro
Dio, amante delle anime nostre, concedici, te ne preghiamo, che ad esempio e intercessione del tuo santo Isidoro, possiamo correre per la via della perfezione e santificarci.