San Roberto, fondatore e abate di uno dei più celebri monasteri francesi. La sua nascita al cielo avvenne all’insegna di un singolare prodigio.
Dopo la sua morte non cesseranno di moltiplicarsi i miracoli sulla tomba del santo abate.
Oggi, diciassettesimo giorno di aprile, la Chiesa celebra San Roberto, abate francese nato circa verso l’anno Mille. Di Roberto, nome proveniente dal tedesco col significato di «splendente di gloria», si racconta che sia nato in mezzo al bosco, come in una favola (quasi tutte del resto di origine francese o tedesca).
Ma Roberto non era, come si potrebbe pensare, figlio di una famiglia di boscaioli. No, era di nobili origini. Sua madre, una nobildonna della famiglia di Turlandia, fu colta dalle doglie del parto proprio in mezzo a una selva di alberi, mentre stava dirigendosi verso un castello vicino. Così darà la luce a Roberto nel fitto bosco.
Si racconta anche che subito si sparse la voce che il neonato sarebbe diventato un grande eremita. E si disse anche, visto che ricusò il latte di due nutrici che conducevano una cattiva vita, che sarebbe stato destinato a diventare un uomo di grande virtù e purezza.
Roberto diventa molto presto sacerdote, canonico della chiesa di San Giuliano a Brioude. Dimostra in particolare una grande carità per i malati. Roberto non si limita soccorrerli secondo le loro necessità del momento: decide di aprire un ospizio per gli infermi a Brioude, ai quali si dedica in maniera costante e premurosa.
La sua vocazione però è un’altra. Roberto sente forte la chiamata alla vita monastica. Tenta prima di ritirarsi nel celebre monastero francese di Cluny. Ma gli viene impedito di farlo da una sorta di insurrezione popolare. Infatti, non appena si diffonde la notizia della sua entrata in monastero, la popolazione lo rincorre disperatamente a Cluny e lo convince a tornare sui suoi passi.
Malgrado l’amore degli abitanti di Brioude Roberto rimane turbato. Così decide di andare a Roma a pregare sulla tomba degli Apostoli. Giunto nella città dei papi, chiede a Dio di fargli conoscere la sua volontà. Sacerdote secolare, destinato cioè a vivere nel mondo, oppure monaco, dedito alla vita contemplativa? O, anzi, eremita come si sentiva chiamato a essere?
Al rientro da Roma incontra un soldato di nome Stefano. Il quale gli chiede quale sia la strada migliore per fare una vita di penitenza. Roberto gli risponde in questo modo: «Lascia ogni cosa, e mettiti al servizio del Signore». «Lo farei volentieri – si sente rispondere da Stefano – solo se questo sacrificio potessi compierlo con te».
Le parole del soldato sembrano proprio il segno del cielo atteso da Roberto. Dopo aver confidato a Stefano il suo segreto e accorato desiderio, Roberto si ritira insieme a lui in luogo solitario, mettendosi sotto la protezione della Vergine Maria. A loro si unisce presto un altro soldato chiamato Dalmazio. I tre si stabiliscono presso le rovine di un’antica chiesa, sistemandovi tutto attorno le loro cellette fatte di frasche.
È l’atto di fondazione dell’Abbazia della Chaise-Dieu, che vuol dire «Sedia di Dio», e dunque anche «Casa di Dio». Roberto ne diventa l’Abate e, non senza difficoltà, guida la Chaise-Dieu a diventare uno dei più importanti monasteri francesi, dopo Chartres e Cluny. Arriverà a assicurare il culto a cinquanta paesi vicini, estendendosi fino a diventare un enorme complesso di edifici in grado di dare ospitalità a trecento monaci.
La vita di San Roberto si conclude così in maniera simile a come era iniziata: nato in mezzo a una selva di alberi, muore in mezzo a una selva di monaci, i monaci ai quali aveva imposto la regola benedettina e che lo vedevano come un padre amoroso.
Nasce al cielo il 17 aprile dell’anno 1067. Prima di farsi mettere a letto aveva voluto celebrare l’ultima Messa, a costo di farsi sostenere davanti all’altare. Al momento della sua morte, un monaco racconta di aver visto l’anima di San Roberto salire al cielo sotto forma di globo infuocato. Dopo la sua salita al cielo si moltiplicarono i miracoli sulla sua tomba, finché non sarà proclamato santo nel 1351.
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