Perciò Sant’Antonio Abate è rappresentato nelle immaginette devozionali assieme agli animali domestici, che custodisce sotto la sua protezione. È inoltre noto per le sue dure lotte contro il maligno e le sue doti taumaturgiche.
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In questo diciassettesimo giorno del mese di gennaio, la chiesa venera Sant’Antonio Abate. La vita di Antonio ci è nota soprattutto attraverso la “Vita Antonii” pubblicata nel 357 circa, opera agiografica scritta da Atanasio, vescovo di Alessandria, che l’ha conosciuto ed è stato da lui coadiuvato nella lotta contro l’arianesimo.
Antonio nasce a Coma in Egitto, intorno al 251, figlio di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano prima dei vent’anni, con un patrimonio da amministrare e una sorella minore cui badare, sente ben presto di dover seguire l’esortazione evangelica: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri“.
Così, distribuiti i beni ai poveri e affidata la sorella a una comunità femminile, segue la vita solitaria che già altri anacoreti facevano nei deserti attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità. A lui si deve anche la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci sotto la guida di un padre spirituale.
In seguito Antonio si sposta verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove esiste una fortezza romana abbandonata, con una fonte di acqua. Rimase in questo luogo per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all’anno. In questo luogo egli prosegue la sua ricerca di totale purificazione, pur essendo aspramente tormentato, secondo la leggenda, dal demonio.
Il gruppo dei seguaci di Antonio si divide in due comunità, una a oriente e l’altra a occidente del fiume Nilo. Questi Padri del deserto vivevano in grotte e anfratti, ma sempre sotto la guida di un eremita più anziano e con Antonio come guida spirituale.
Sant’Antonio è considerato il protettore degli animali domestici, tanto da essere solitamente raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella. Nulla di specifico lega questo Santo al mondo rurale e a quello degli animali, almeno da come si legge dalla sua biografia. Gli unici animali sono quelle bestie feroci, nelle quali il demonio si trasforma per tormentarlo.
Ma, secondo altre fonti storiche, nel 1095, a Vienne, in Francia, viene fondata la congregazione degli ospitalieri di sant’Antonio. Il suo scopo era quello di curare coloro che avevano contratto l’Herpes zoster (comunemente noto ai più proprio con il termine di “fuoco di Sant’Antonio”).
Ma perché dare il none di una malattia ad un Santo? Il nome viene dalla traslazione delle reliquie del Santo dall’Oriente in Francia, alla fine dell’XI secolo, proprio vicino Vienne, nel periodo in cui nascevano questi ospedali. Una sorta di protezione dall’alto da parte del Santo potremmo definirla.
Da qui la congregazione fonda ospedali in tutta Europa, fino al Nord Italia e, una delle principali fonti di sostentamento degli ospedali stessi è l’allevamento dei maiali. Da qui l’iconografia di Sant’Antonio Abate con il porcellino.
E, sempre da queste notizie, anche la vicinanza e la protezione del mondo rurale e, specialmente degli animali, da parte del Santo.
Il santo che guarisce dal “fuoco di Sant’Antonio” anche grazie al grasso dei maiali, con i quali gli stessi ospedali si mantengono. Tutto questo basta al popolo per rendere lode a lui e pregarlo ogni giorno, perchè li protegga dalla malattia, ma anche guidi e stenda la sua mano su loro animali.
Ma, al di là di questo, la vita di Antonio, e la sua scelta di vita, sono nate da una visione molto particolare. Nel sogno, un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l’intreccio di una corda. Da questo deduce che, oltre alla preghiera, ci si deve dedicare a un’attività concreta. Così ispirato, conduce da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servono per procurarsi il cibo e per fare carità.
In questi primi anni è tormentato da tentazioni fortissime, dubbi lo assalgono sulla validità di questa vita solitaria. Consultando altri eremiti viene esortato a perseverare. Lo consigliano di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo.
Allora, coperto da un rude panno, si chiude in una tomba scavata nella roccia nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio. Senza sensi viene raccolto da persone che si recavano alla tomba per portargli del cibo e viene trasportato nella chiesa del villaggio, dove si riprende.
Antonio vive i suoi ultimi anni nel deserto della Tebaide dove, pregando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento, muore, all’età di 105 anni, probabilmente nel 356. Viene sepolto dai suoi discepoli in un luogo segreto.
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Glorioso S. Antonio,
come ci edifica e commuove il vostro esempio!
Seguendo il consiglio del Vangelo, rinunciaste alle ricchezze e agli agi ritirandovi nel deserto.
Poi, benché vecchio, con la sete del martirio in cuore,
lasciaste la solitudine per convertire gli infedeli e rinforzare nella fede i cristiani vacillanti.
Vi preghiamo di ottenerci lo zelo nella fede,
l’amore alla Chiesa, e la perseveranza nel bene.
Vorremmo chiedervi anche l’eroismo di osservare i consigli evangelici
per essere associati con maggior merito alla vostra gloria in Cielo.
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