Molto venerato in tutta Italia, Sant’Antonio abate è considerato il protettore degli animali per un motivo ben preciso.
Tradizionalmente il 17 gennaio da Nord a Sud si festeggia Sant’Antonio abate: in suo onore si organizzano falò, avviene la classica benedizione degli animali domestici, e in alcune località questo giorno legato alla sua memoria liturgica segna l’inizio del Carnevale.
L’abate Antonio nasce intorno al 250 in un villaggio di Coma, l’attuale Qumans in Eigtto da una famiglia di agricoltori. All’età di 18 – 20 anni perde i genitori e rimane solo una sorella più piccola. Decide di affidare la sorella ad una comunità di vergini e lui intraprende la vita eremitica per servire così il Signore.
Si spoglia di tutti i suoi beni e si ritira a fare vita di penitenza nel deserto. Inizia così la sua esistenza eremitica che, tranne due periodi in cui temporaneamente abbandona l’eremitaggio, si protrae fino alla sua morte da ultracentenario.
La vita da anacoreta e le tentazioni
Antonio attraverso il percorso ascetico chiede a Dio di essere illuminato per stare sulla sua strada. La via del lavoro per mantenersi e della preghiera è la sua strada e la porta avanti non senza difficoltà. Le tentazioni del demonio infatti non tardano ad arrivare: sono tante le prove che deve affrontare e che mirano ad allontanarlo dalla sua scelta di vita e dalla fede. Era assalito da dubbi circa la sua vocazione, perseguitato da pensieri osceni, tentato dall’attaccamento ai beni materiali e carnali.
Si rivolge ad altri asceti che lo indirizzano alla preghiera come unico modo per resistere e non cedere alle tentazioni. Lui si ancora alla contemplazione e chiede aiuto a Dio: così gli viene data la grazia per superare quelle terribili prove.
Si rifugia presso un’antica tomba scavata nella roccia e lì vestito con un semplice abito di rude panno trascorre il suo tempo, mangiando pochissimo, all’insegna della penitenza e del digiuno. Prendeva il cibo una sola volta al giorno e dormiva sulla terra senza alcuna comodità.
Dopo l’insistenza di alcuni suoi discepoli, che affascinati seguivano il suo stile di vita, allenta l’isolamento del suo eremitaggio e si concede una vicinanza con alcuni di loro ai quali trasmette i suoi insegnamenti. Raccomandava la perseveranza nella fede, la fedeltà del cuore, con uno sguardo sempre puntato ai Novissimi. Vive a lungo fino all’età di 105 anni e muore il 17 gennaio del 356.
La spiritualità antoniana e le tradizioni
Già durante la sua vita si formarono gruppi di monaci che diedero inizio a due monasteri seguendo il suo stile anacoretico. Ogni monaco viveva nella sua grotta in modo solitario, ma aveva come punto di riferimento un monaco più esperto che lo guidava spiritualmente. L’obiettivo era il cammino di perfezione per il raggiungimento della piena unione con Dio.
Solo due volte Antonio aveva lasciato la vita eremitica: Una prima volta è nel 311 quando si reca ad Alessandria per stare accanto ai cristiani perseguitati e difenderli durante la persecuzione dell’imperatore Massimino Daia. Lui stesso era pronto al martirio. Risparmiato dalla tortura e dalla morte ritorna in seguito nel mondo lasciando il suo eremo sempre per servire i cristiani ed esortare alla fedeltà verso il Concilio di Nicea.
Affianco a Sant’Atanasio cerca di contrastare l’eresia ariana e scrive per questo anche una lettera all’imperatore Costantino. È proprio da Sant’Atanasio che giungono le notizie relative alla vita di Sant’Antonio abate nella biografia che questi scriverà. Nel “De vita Antonii” il santo vescovo di Alessandria, suo amico e discepolo, scrive che “non per gli scritti nè per una sapienza profana né per qualche capacità è conosciuto Antonio, ma solo per la sua pietà verso Dio”.
L’iconografia ha da sempre raffigurato Antonio con uno o più maiali accanto ed una campanella. Questo è legato al fatto che successivamente fu fondato dai suoi discepoli l’Ordine ospedaliero degli Antoniani in cui si curavano anche i malati colpiti da ergotismo. Questa malattia era chiamata “fuoco di Sant’Antonio” oggi conosciuto come herpes zoester.
Il grasso dei maiali veniva usato per curare questa patologia e quindi questo animale fu associato alla sua figura. Da questo la tradizione estese anche a tutti gli animali domestici la protezione di Sant’Antonio abate e nel giorno della sua memoria liturgica da molto tempo c’è l’usanza di benedirli.