Oggi, diciassettesimo giorno di maggio, la Chiesa celebra una giovane ragazza di 16 anni martirizzata per aver difeso la sua castità.
C’è un legame profondo che la stringe a Santa Maria Goretti, altra martire uccisa per aver voluto difendere la sua purezza.
Antonia Mesina, secondogenita (di dieci figli) di Agostino Mesina e di Grazia Rubanu, nasce a Orgosolo (provincia di Nuoro) il 21 giugno 1919, ricevendo il battesimo nella parrocchia di San Pietro.
Viene al mondo in una famiglia umile, mantenuta dal padre Antonio col suo lavoro come guardia campestre. Antonia riceve la sua formazione presso la scuola della Gioventù femminile d’Azione Cattolica. Ne fa parte, dal 1929 al 1931, come «beniamina», mentre tra il 1934 e il 1935 diventerà socia effettiva dell’Azione Cattolica. Tra le altre cose, nel 1934 prende parte alla «crociata» della purezza, lanciata in tutta Italia da Armidia Barelli, dirigente dell’Azione Cattolica e fondatrice della Gioventù femminile.
Proprio in occasione di quella serie d’incontri e conferenze viene a conoscenza della vicenda umana di Maria Goretti, la giovanissima uccisa per la sua opposizione a un tentativo di violenza sessuale. Antonia legge una biografia di Maria Goretti (proclamata santa nel 1950) e si dice che abbia detto che, in analoghe circostanze, si sarebbe comportata come Marietta.
Un filo invisibile lega dunque la giovane Antonia, ricordata per il suo carattere improntato a riservatezza e decisione, a Santa Maria Goretti.
È il 17 maggio 1935: dopo aver preso parte alla Messa, Antonia va nel bosco vicino con l’intento di raccogliere della legna per cuocere il pane. Non vuole partire da sola e insiste affinché la accompagni Annedda Castangia, un’amica di famiglia allora tredicenne (Antonia invece tra un mese ne compirà sedici).
Le due ragazze raggiungono la località di Ovadduthai e iniziano così, a poca distanza l’una dall’altra, a raccogliere la legna necessaria. Dopo alcune ore di lavoro, Annedda sente il grido dell’amica che invoca aiuto. Così si volta e la vede aggredita da un giovane compaesano di nome Giovanni Ignazio Catgiu che, avendola incrociata lungo il cammino, aveva tentato un approccio amoroso.
Al deciso rifiuto della ragazza, il giovane la aggredisce con violenza cieca. Le si avventa contro e la massacra a colpi di pietra. Il corpo di Antonia verrà ritrovato sfigurato e ricoperto di sangue: alla fine l’autopsia arriverà a contare ben 74 ferite.
Il 5 ottobre di quello stesso anno Armida Barelli presenterà a papa Pio XI il «primo fiore reciso della Gioventù Femminile dell’A.C.I., il primo giglio reciso dal martirio, la sedicenne Antonia Mesina di Orgosolo, educata alla scuola di Maria Goretti».
La canonizzazione arriverà il 22 settembre 1978, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II.
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