Arcivescovo di Milano, San Galdino ha lottato strenuamente contro le eresie del suo tempo. Tale è la sua fama che il Manzoni lo omaggia nella sua opera i Promessi Sposi.
La vita di San Galdino si colloca nel periodo storico in cui l’imperatore di Germania, Federico Barbarossa, saccheggiò Milano e nelle città italiane si costituivani i Comuni Liberi. Anche la Chiesa era attraversata dalla lotta di potere tra il papa Alessandro III e l’antipapa Vittore IV che sosteneva l’Imperatore insieme ai cardinali a lui fedeli.
San Galdino nacque verosimilmente nel 1096 nella città lombrarda in una nobile e ricca famiglia. Ben presto si avviò alla vita ecclesiastica e nel 1160 ricoprì già la carica di arcidiacono della cattedrale milanese. Nel 1162 ci fu la distruzione della città ordinata dall’imperatore. Galdino e l’arcivescovo Oberto si schierarono dalla parte del papa Alessandro III, che era stato eletto nel 1159 da una parte dei cardinali, mentre contemporaneamentealtri eleggevano Vittore VI, filo tedesco.
La fedeltà alla Chiesa e all’ortodossia
Nel 1165 Galdino fu nominato cardinale. Si trovò davanti alla decisione se continuare a seguire il papa regnante e sceglie la linea della fedeltà. Alla morte dell’arcivescovo Oberto, venne nominato suo successore. Era insieme al pontefice e per tornare in Lombardia dovette travestirsi da pellegrino, per sfuggire agli attacchi degli avversari.
Arrivato in una città, Milano, ridotta in rovine, si adoperò per la sua ricostruzione. Riorganizzò la Chiesa in Lombardia, confermandola nella fedeltà ad Alessandro III. Si dedicò al soccorso dei poveri che nel frattempo erano aumentati a dismisura. Cercò di contrastare la povertà in tutti i modi soprattutto sensibilizzando gli amministratori. Li esortò, facendo scrivere la frase, incisa sulla pietra “Voi siete qui solo per servire i poveri“.
In una biografia San Galdino viene ricordato come colui che “Strappa il patrimonio della Chiesa dalle fauci dei rapinatori“. Questo evidenzia la grande carità che animava il suo cuore. Le opere che compì non finirono qui. Fece restaurare la cattedrale con l’aiuto di alcune ricche donne milanesi che decisero di donare i loro preziosi gioielli a questo scopo, i pochi che erano stati salvati dal saccheggio voluto da Federico Barbarossa.
Buon pastore attento alle cose di Dio
Questo santo arcivescovo non si limità a svolgere il suo ministero episcopale per aiutare materialmente i bisognosi, ma soprattutto si adoperò per salvare le loro anime. Promosse fortemente l’insegnamento delle preghiere, che era stato abbandonato, volle che anche nel campo della liturgia ci fosse attenzione e cura. Pretese che il canto fosse degno della lode che si deve a Dio.
Per tutti gli anni del suo episcopato continuò a predicare instancabilmente e a combattere le eresie. E lo fece davvero fino all’ultimo istante di vita. Infatti morì subito dopo aver fatto un sermone, sul pulpito della chiesa di Santa Tecla. Poco tempo dopo la sua morte fu lo stesso papa Alessandro III a proclamarlo santo. San Galdino fu ricordato anche diversi secoli dopo da uno scrittore come Alessandro Manzoni, che volle rendere omaggio alla figura di questo arcivescovo della sua città, Milano e diede il suo nome ad uno dei personaggi del suo romanzo più celebre, I Promessi sposi. Galdino era infatti il nome del loquace frate questuante per i poveri.
San Galdino è sepolto nel Duomo di Milano, precisamente presso l’altare della Madonna dell’Albero del Transetto sinistro. La sua attività di sostegno e aiuto ai poveri è stata ricordata, nella città lombarda, con il “pane di San Galdino“, il pane che nei secoli dopo era in uso distribuire agli indigenti e ai carcerati.