Sant’Anselmo vescovo è venerato in particolare in due città. Celebre è suo zio, salito al soglio pontificio, che lo indirizzò nella vita spirituale.
Due città festeggiano ed onorano Sant’Anselmo in modo speciale: una è Lucca, la città di cui fu vescovo e l’altra è Mantova, di cui è patrono. Lui era milanese, e nacque intorno al 1035. Della sua vita si sa che in gioventù ebbe come insegnante il teologo, filosofo e vescovo Lanfranco da Pavia, e fu educato presso la scuola cluniancense di Berengario di Tours.
Ma un’altra figura fu estremamente importante nella sua storia e diede un forte segno alla sua vita spirituale. Era lo zio, anche lui di nome Anselmo, che poi diventò papa Alessandro II. Anche per l’influenza e la vicinanza di questo personaggio, Anselmo ebbe modo di ricevere una solida formazione letteraria, teologica, filosofica e giuridica.
Non solo: sotto la guida dello zio maturò il suo interesse per la vita religiosa e fu fortemente motivato verso una riforma della Chiesa. Sant’Anselmo entrò presto nell’ordine di San Benedetto e nel 1073 fu nominato vescovo di Lucca.
L’amore per la Chiesa e l’esilio
Dimostrava un grande attaccamento e sincero amore per la Chiesa e fu creato cardinale dallo zio pontefice. Alla morte di questo, fu collaboratore del papa Gregorio VII. Era animato da un intenso ardore pastorale. Quando venne nominato vescovo, inizialmente rifiutò per non ricevere dall’imperatore Enrico IV le regalie connesse al suo ufficio. Era il tempo della lotta per le investituree voleva dimostrare così di non essere interessato a ciò che è materiale.
Si impegnò nella moralizzazione del clero corrotto, si poneva in quel movimento di riforma della Chiesa che all’epoca era necessario e impellente. Il suo operato però non piacque all’imperatore che nel 1081 lo mandò in esilio. Così tornò a fare il monaco e si ritirò presso abbazia di San Benedetto in Polirone.
In quell’occasione a proteggerlo fu la contessa Matilde di Canossa di cui divenne il consigliere spirituale. Fu solo l’intervento di papa Gregorio VII a consentire che venisse reintegrato, ma la vita per lui continuò a non essere facile. Infatti i canonici ribelli lo ostacolavano e non volevano far vita comune con lui e arrivarono a cacciarlo.
Uomo dotto e saggio, il suo corpo rimase incorrotto
Sant’ Anselmo si dedicò a far sì che i principi della riforma gregoriana trovassero un radicamento concreto. La sua azione era volta anche a contrastare l’antipapa Clemente III, che minacciava la Chiesa. Tra gli uomini della sua epoca Sant’Anselmo si distinse come uno dei più saggi e istruiti. La sua formazione intellettuale spaziava in molti ambiti ed era vasta. Scrisse molte opere a commento della Sacra Scrittura ed altre di apologetica per difendere la fede cattolica attaccata. Curò la Collectio canonum, una raccolta di 13 libri di fonti del diritto canonico.
La sua spiritualità era di impronta fortemente monastica, era particolarmente viva la sua devozione mariana e il suo amo marzo re e la sua fedeltà alla Chiesa erano tangibili. Trascorse l’ultima parte della sua vita a Mantova, dove morì il 18 marzo 1086. La sua volontà era di essere sepolto presso l’Abbazia di Polirone, ma altri decisero che la sepoltura più adatta per un vescovo fosse in cattedrale e così il suo corpo fu seppellito in quella cittadina, sotto l’altare maggiore.
Alcuni secoli dopo avvenne la riesumazione del suo corpo e prodigiosamente appariva intatto, incorrotto nonostante il passare del tempo. Tuttora, a seguito di altre ricognizioni risulta essere integro. Inoltre ogni anno, nell’anniversario della sua morte, la copertura della sua tomba viene tolta ed è possibile vedere il suo corpo.
Mantova lo ha nominato suo patrono, ma anche Lucca, la città di cui è stato vescovo lo omaggia. Nel 1986, durante una visita pastorale a Mantova, San Giovanni Paolo II ricordò la figura di Sant’Anselmo definendolo: “luminoso riflesso della santità di Dio e del Figlio suo Gesù Cristo, (…) buon pastore nel provvedere ai poveri, nel dirigere le anime, nel celebrare i sacri riti“.