Strenuo difensore della dottrina cattolica, san Mansueto era vescovo di Milano e si adoperò per esaltare il valore della dignità umana in una disputa teologica.
San Mansueto, la cui memoria liturgica ricorre oggi 19 febbraio, è stato il 40° vescovo della città di Milano. La sua epoca era il VII secolo, e precisamente fu alla guida della comunità ambrosianda dal 672 al 681.
Il Martirologio Romano lo ricorda come difensore dell’ortodossia, e specifica, come elemento peculiare del suo operato che “combattè strenuamente contro l’eresia monotelita“. Per contrastare questa eresia che dilagava a quei tempi, san Mansueto si impegnò sia nella predicazione che nella dissertazione scritta con un’opera.
Sembra che fosse originario probabilmente di Roma ed era stato scelto dal pontefice in quanto membro della ricchissima e potentissima famiglia romana dei Savelli, che aveva un ruolo di potere nella città.
L’eresia del monotelismo dilagava quando Mansueto divenne vescovo della città lombarda. Così decise di agire per affermare la retta dottrina cattolica. Scrisse una lettera all’imperatore Costantino IV per ricomporre la diocesi attorno alla figura di un unico arcivescovo metropolita.
Nel 679 prese l’importante decisione di radunare tutti i vescovi delle province limitrofe in un Sinodo proprio per trovare modo di contrastare la teoria eretica che si stava diffondendo. Le sue disposizioni sinodali furono tenute in gran conto dal pontefice Agatone, quando nel 680 convocò il Terzo Concilio di Costantinopoli.
L’eresia in questione aveva implicazioni teologiche sulla visione dell’uomo e dell’intera vita sociale. La disputa si articolava sulla volontà di Gesù: era una sola che con quella divina annullava quella umana, oppure, era formata da quella umana e divina insieme, ovvero il duotelismo, nonostante la prima prevalesse sulla seconda?
San Mansueto era un convinto sostenitore della posizione teologica del duotelismo. In Gesù era perciò presente sia una volontà divina che umana. Secondo il santo vescovo, questa posizione era più vicina a una lettura più profonda e autentica del Vangelo.
Prendendo questa posizione elevava il valore della dignità umana che l’eresia tendeva a mettere in cattiva luce. Per questo scrisse un libro di grande rilevanza sia sotto il profilo della dottrina che per l’efficacia dell’ argomentazione.
Il nome di Mansueto, così come risulta in italiano, significa “dolce, affabile, mite“: il vescovo lo era, ma questo non significava esser sottomesso all’errore altrui. La fortezza della fede lo renderva saggio e fermo nelle sue posizioni, atteggiamento per niente in contrasto con l’umiltà e con la mitezza.
Rimane infatti nella storia come un pastore sapiente e lungimirante, dalla fede integra e retta, di cui si faceva vigilante custode. Il suo episcopato fu di breve durata, ma in quel poco lasso di tempo che gli fu concesso si spese con tutte le sue capacità.
San Mansueto morì il 19 febbraio 681. L’iconografia lo rappresenta pochissimo, quasi per niente. A Milano, nella chiesa di sant’Ambrogio c’è un affresco risalente al VII secolo che lo raffigurava in una scena di condanna al monotelismo. La sua figura rappresentata è andata perduta in conseguenza alla distruzione causata da un’apertura di una grande finestra in quella parte di parete.
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