Modello di famiglia cristiana che subì la sorte del martirio per testimoniare la fede, di cui parlò anche don Bosco.
Le persecuzioni dei cristiani nei primi secoli fecero molti martiri, tra cui un’ intera famiglia fu sterminata insieme. Avvenne durante la persecuzione di Diocleziano: era quella di Mario e Marta con i loro figli Abaco e Audiface.
Le notizie sul martirio di questa famiglia cristiana sono riportate da una Passio del VI secolo in cui si narra di Mario e di sua moglie Marta, erano due nobili di origine persiana. Avevano due figli, Abaco e Audiface, ed erano arrivati a Roma nel 270.
Svolgevano un servizio di aiuto agli altri cristiani. Tutti i componenti della famiglia infatti si dedicavano alla sepoltura dei cristiani uccisi e dalla campagna li portavano in città e ne deponevano i corpi lungo la via Salaria. Si dice che ne avessero seppelliti 250.
Lo sterminio di una famiglia santa
Mario e la sua famiglia furono scoperti e denunciati alle autorità. Il prefetto Flaviano e il governatore Marciano li interrogarono. Ovviamente la proposta fu quella di abiurare la loro fede e di offrire sacrifici agli idoli pagani, come veniva proposto a tutti i cristiani per non andare incontro alle torture e alla morte.
Tutti loro si rifiutarono di cedere e rinnegare il Signore e così furono condannati a morte. Il padre e i figli furono giustiziati lungo la via Cornelia, la madre Marta fu uccisa presso uno stagno poco distante.
Una matrona romana di nome Felicita ebbe pietà e si occupò di dar loro sepoltura presso terreni di sua proprietà che si trovavano al tredicesimo miglio della stessa via in cui erano stati martirizzati. Proprio lì in seguito fu edificata una chiesa in loro memoria, che poì andò distrutta e di cui rimangono dei ruderi. Nel Medioevo era meta di pellegrinaggi per venerare questa famiglia santa.
Alla fine del ‘700 fu presentata una richiesta per l’edificazione di una nuova chiesa in omaggio a loro e per ospitare in modo decoroso e appropriato i pellegrini che giungevano per la devozione a questi santi. Nel 1789 papa Pio VI concesse che venisse edificata una chiesa, che fu progettata dall’illustre architetto Virginio Bracci.
Parte delle reliquie relative ai loro corpi furono traslate nella chiesa di Sant’Adriano e in quella di Santa Prassede, entrambe a Roma. Una reliquia fu in mano allo storico Eginardo, al servizio di Carlo Magno che la diede all’imperatore, il quale la donò al monastero di Seligenstadt. Attualmente i corpi dei Santi Mario e Marta sono conservati in un’urna che si trova sotto l’altare maggiore della chiesa di San Giovanni Calibita all’Isola Tiberina a Roma.
Il racconto di don Bosco
La storia di questa famiglia di martiri aveva colpito l’attenzione di San Giovanni Bosco che la narrò in un racconto del 1861 composto insieme al conte Carlo Cays. Basandosi sulle informazioni contenute negli Acta Sanctorum la narrazione si sofferma in particolare sulla figura di Abaco. C’erano più notizie su di lui contenute in un racconto medievale.
Le notizie non erano assolutamente certe, ma avvolte da un’aura leggendaria con episodi che miravano a colpire, impressionare e commuovere. Dal Martirologio Romano si hanno le informazioni più accreditate e si soffermano anche su alcuni dettagli relativi alle torture che i Santi martiri hanno subìto e al modo in cui sono stati uccisi.
Scrive infatti il Martirologio Romano che i Santi Mario, Marta, Abaco e Audiface “erano venuti a Roma per pregare. Di essi Marta, dopo aver sopportato i flagelli, l’eculeo, il fuoco, gli uncini di ferro e il taglio delle mani, fu uccisa a Ninfa; gli altri furono decapitati e i loro corpi bruciati“.