Romualdo, fondatore di cenobi caratterizzati dalla solitudine, dalla pace e dal silenzio, avrà una vita raminga e tumultuosa.
Il nome del Santo abate è legato per sempre all’eremo di Camaldoli, da lui fondato dopo una lunga ricerca della pace del cuore.
Romualdo nasce a Ravenna verso il 952, in una famiglia potente. Suo padre infatti è il duca della città ravennate. A vent’anni entra nel monastero benedettino di Sant’Apollinare in Classe. Ne esce però per dedicarsi alla vita eremitica.
Finisce a sostare per un po’ di tempo sui colli veneti. Ma nemmeno lì trova di che placare il suo cuore irrequieto. Si ritira allora, nella speranza di trovare quanto va cercando, nel monastero spagnolo di Cuxà.
Una decina di anni dopo lo ritroviamo però a Ravenna, abate di Sant’Apollinare. L’anno successivo, è invece a Montecassino. È qui che finalmente la sua inquietudine trova la propria strada. Si dedica così, con prodigioso attivismo, alla riforma della Regola di San Benedetto. Darà vita a comunità religiose e mezza via tra l’abbazia e l’eremo, tra la vita monastica e la vita eremitica, tra il lavoro e la contemplazione.
Intorno a lui cominciano a radunarsi diversi altri giovani spinti dalle sue stesse esigenze. Così fioriscono tutta una serie di comunità religiose: a Verghereto, a Lemmo, a Val di Castro, a Ravenna, a Vallombrosa, a Camaldoli, località che poi darà il nome all’Ordine che ancora oggi si chiama dei Camaldolesi.
Romualdo muore nel monastero di Val di Castro nel 1027. Prima di trovare la pace definitiva aveva però incontrato ogni genere di difficoltà. Aveva dovuto sopportare non solo persecuzioni e sospetti, ma addirittura un’ingiusta scomunica.
Le sue spoglie mortali riposano a Fabriano, dove saranno trasferite nel 1481. San Pier Damiani, che ha scritto la vita di San Romualdo, ci racconta così la sua nascita al cielo: «Un giorno si rese conto che ormai le forze stavano per lasciarlo, si sentì infatti maggiormente affaticato. Verso l’ora del tramonto del sole, ordinò ai due fratelli che lo assistevano di andar via, di chiudere bene la porta, e di ritornare all’alba del giorno seguente per recitare insieme le lodi mattutine. I due, preoccupati per la fine del maestro, uscirono a malincuore e, invece di andare a letto, si nascosero ansiosi vicino alla cella, quasi a guardia di un prezioso tesoro. Dopo un po’, pur avendo le orecchie tese, non sentirono alcun movimento del corpo, né suono di voce. Immaginando quel che realmente era accaduto, forzata la porta, si precipitarono dentro e trovarono il santo corpo senza vita, disteso supino. Quella perla celeste giaceva abbandonata per essere poi riposta con onore nello scrigno del sommo Re».
O Dio, Padre della luce da cui proviene ogni dono, tu hai concesso a San Romualdo la perfetta compunzione del cuore e la profonda intelligenza spirituale delle Scritture. Concedi anche a noi, assidui nell’ascolto della tua parola, di essere rinnovati dal tuo Spirito e resi conformi a Cristo tuo Figlio che vive e regna con te nei secoli dei secoli. Amen.
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