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Oggi 19 luglio: Beati Józef Achille Puchała e Ermanno Stępień. Torturati a morte dai nazisti, Giovanni Paolo II li beatifica

Giovanni Paolo II li ha definiti «militi ignoti della grande causa di Dio», martiri sconosciuti che hanno reso una suprema testimonianza di fedeltà.

Questi due pastori rimasero fedeli alla loro chiamata senza fuggire come altri prima di loro avevano fatto. Non abbandonarono il gregge che era stato loro affidato. Pagheranno con la vita la loro commovente fedeltà.

Beati Ermanno Stępień e Józef Achille Puchała  (19 luglio) – photo web source

Il 13 giugno 1999 Giovanni Paolo II beatificava una nutrita serie di martiri polacchi uccisi dai nazisti, tra i quali sette frati minori conventuali. Tra questi le due luminose figure che celebriamo oggi: Józef Achille Puchała e Ermanno Stępień, che andarono insieme incontro al martirio.

Si tratta di due frati poco più che trentenni, che si offrirono in oblazione per i loro parrocchiani. Józef Achilles (italianizzato in Achille) Puchała era nato nel 1911, entrando a 13 anni nel seminario di Leopoli. Ordinato sacerdote nel 1936, sta svolgendo il suo ministero quando la Germania invade la Polonia. Il vescovo lo manda a Pierszaje, dove il parroco era fuggito per paura delle atrocità della guerra.

I superiori gli affiancano padre Ermanno Stępień, nato nel 1910 a Lodz, figlio di poveri operai. I due frati riescono a inserirsi alla perfezione nella parrocchia rimasta vacante. Manifestano intraprendenza e disponibilità, facendosi interpreti dei bisogni della gente e cercando di provvedere alle necessità più urgenti.

Due pastori con l’odore delle pecore

Ci mettono poco a entrare nel cuore della gente. I due religiosi non sono certo dei rivoluzionari. Più che sobillare cercano al contrario di placare gli animi per evitare che scattino rappresaglie con spargimento di sangue innocente. Di certo non hanno nulla a che fare con l’insurrezione scoppiata il 19 giugno 1943 nella vicina Iwieniec, dove la popolazione si ribella agli invasori nazisti.

Il luogo del martirio dei padri Józef Achille Puchała e Ermanno Stępień – photo web source

Un mese dopo, il 19 luglio 1943, scatta la rappresaglia che colpisce anche la parrocchia dove operano i due frati. Vengono invitati a cercarsi un alloggio più sicuro dal comandante della gendarmeria tedesca, ma non considerano neppure questa opzione che li avrebbe portati lontani dalla comunità parrocchiale che si erano visti affidare dal vescovo. Ne è testimone una frase pronunciata da padre Józef dopo un veloce scambio d’intesa col confratello vicino: «I pastori non devono abbandonare il gregge nel momento del pericolo».

Vittime della rabbia nazista

Nel frattempo i nazisti cominciano a rastrellare giovani e uomini tra i 15 e i 50 anni. Iniziano poi a trasferire il gruppo in un villaggio nelle vicinanze. Improvvisamente però separano i due religiosi dagli altri e li portano in un fienile. Qui li sottopongono a ogni genere di torture. Józef Achille Puchała e Ermanno Stępień moriranno poi, forse bruciati vivi, nel rogo appiccati dai nazisti. Nessun altro del gruppo muore, come se la furia assassina delle belve naziste si fosse interamente sfogata sui due frati.

I resti dei due religiosi che avevano scelto di non scappare saranno recuperati dai parrocchiani in mezzo alla cenere e seppelliti nella chiesa dove le loro spoglie tuttora si trovano. La loro testimonianza li rende un perfetto esempio di quei «militi ignoti della grande causa di Dio» di cui ha parlato Giovanni Paolo II nella sua lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente. 

Emiliano Fumaneri

Scritto da
Emiliano Fumaneri

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