Nella Divina Commedia Dante lo condanna all’inferno bollandolo come «colui che per viltade fece il gran rifiuto».
Ma il gesto del monaco Pietro di Morrone, strappato dalla pace del suo eremo e messo controvoglia sulla cattedra di Pietro col nome di Celestino V, non ebbe davvero nulla di vile. Fu semmai un atto di coraggio, umiltà e buon senso.
Pietro di Morrone, penultimo dei numerosi figli di una famiglia contadina di Isernia, nasce verso il 1215. Della sua infanzia si sa poco o nulla. Ha circa vent’anni quando entra nel
monastero di Santa Maria di Faifoli, prima di ritirarsi in solitudine sulle splendide montagne molisane. Stabilisce la sua prima dimora in una grotta del monte Palleno in Val di Sangro.
Dopo aver ricevuto l’ordinazione sacerdotale a Roma ottiene da papa Innocenzo IV il permesso di continuare la sua vita eremitica, stabilendosi prima sul monte Morrone (vicino Sulmona) e successivamente sulla Maiella dove dà vita nel 1246, insieme ad altri discepoli, a una colonia di eremiti che in seguito assumeranno il nome di Fratelli dello Spirito Santo (più noti come Celestini).
L’inattesa elezione a Papa e il «gran rifiuto»
Due anni dopo la morte di papa Nicolò IV (1292), con sua grande sorpresa l’ormai ottuagenario Pietro viene eletto come successore di San Pietro. Inutili si riveleranno le sue proteste per una carica per la quale non si sentiva all’altezza, malgrado la sua elezione fosse stata salutata come una benedizione divina dal popolo romano e da chi sognava una purificazione della Chiesa, allora dilaniata da lotte tra fazioni politiche che di spirituale avevano ben poco.
Consacrato all’Aquila col nome di Celestino V, ben presto si accorge di come la sua mitezza e la sua debolezza vengano strumentalizzate da ecclesiastici corrotti e da principi senza scrupoli. Con coraggio, umiltà e buon senso decide così di abdicare per riprendere l’abito e il suo nome religioso, intenzionato a tornare alla purezza e al silenzio dei suoi monti.
Prigionia e morte di un monaco divenuto Papa controvoglia
Non gli sarà possibile perché il suo successore, lo scaltro Bonifacio VIII, lo terrà a lungo prigioniero nel palazzo papale nel timore che i suoi sostenitori si servissero di lui per fomentare disordini.
L’anziano monaco riesce in qualche modo a fuggire per andare a rifugiarsi sul monte Morrone, ma le guardie pontificie lo raggiungono mentre cerca di emigrare in Grecia. Rinchiuso nel castello di Fumone, vivrà i suoi ultimi mesi in totale solitudine. Muore il 19 maggio del 1296. Nel 1313 viene proclamato santo.
Di lui Benedetto XVI dirà, durante la sua visita pastorale a Sulmona nel 2010, che «San Pietro Celestino è stato prima di tutto questo: un uomo di ascolto, di silenzio interiore, un uomo di preghiera, un uomo di Dio […]: egli seppe agire secondo coscienza in obbedienza a Dio, e perciò senza paura e con grande coraggio, anche nei momenti difficili, come quelli legati al suo breve Pontificato, non temendo di perdere la propria dignità, ma sapendo che questa consiste nell’essere nella verità».
Preghiera a San Celestino V
O Dio, che innalzasti il beato Pier Celestino alla sublime dignità di Sommo Pontefice, concedi propizio che meritiamo di disprezzare, a suo esempio, tutte le cose del mondo per raggiungere felicemente il premio promesso agli umili.