Ricorre oggi la memoria liturgica dei Santi Martiri Coreani, fondatori della prima comunità cristiana in Asia, perseguitati e uccisi.
La vicenda dei Santi Martiri Coreani si colloca tra le fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, precisamente nel 1782 quando l’intellettuale Ni-Tek-tso dalla Corea andò in Cina ad informarsi sulla religione cattolica.
Lesse dei libri e si convertì, fu battezzato e prese il nome di Pietro e ritornò generando a sua volta altre conversioni. Nel 1794 nel Paese c’erano circa 4.000 cristiani e si tratta di un numero che andò sempre a crescere.
Il primo sacerdote tra loro fu Andrea Kim Taegon. I cristiani in Corea subirono molte persecuzioni ad ondate più o meno feroci dal 1839 al 1867.
La Chiesa nascente in quel luogo si sviluppava forte e piena di Spirito Santo proprio nelle avversità dure e pesanti. Cresceva in tempi brevissimi e manifestava un entusiasmo e una forza grandissimi.
Andrea Kim è il primo tra 103 compagni martiri ed poiché era il primo presbitero diede vita alla successione apostolica in quella terra.
Aveva aiutato il vicario apostolico Ferreol e il missionario Nicola Daveluy a entrare nel Paese in clandestinità. Scoperto, fu arrestato e ucciso a Seoul.
Lo raggiunse suo padre, che si dichiarò cristiano e fu imprigionato insieme al figlio che lo battezzò in carcere prima di essere anche lui giustiziato.
Persecuzioni, martirio e canonizzazione
Già nel 1802 il re della Corea aveva promulgato un editto che vietava quella che era considerata una “dottrina esecrabile e perversa“.
Per 80 anni quell’editto fu in vigore e produsse dolore e morte ai testimoni della fede in Cristo. Si susseguirono anche altri editti, nel 1839 e nel 1866 con i quali i cristiani venivano picchiati, bastonati, torturati, privati dei loro beni e uccisi.
Le torture erano orribili, molti fuggivano per vivere in clandestinità e quelli che venivano martirizzati affrontavano il martirio con incredibile coraggio e serenità, una resistenza alla sofferenza che poteva essere solo frutto di una fede forte con l’assistenza dello Spirito Santo.
Fu molto importante nella conversione di questi primi cristiani coreani la lettura di un testo del missionario gesuita Matteo Ricci, “La vera dottrina di Dio” che costituì l’ispirazione che coinvolse tutti loro ad abbracciare il cristianesimo.
Sono in tutto 103 i martiri coreani che San Giovanni Paolo II canonizzò il 6 maggio 1984 a Seoul. Tra loro c’erano 3 vescovi, 8 sacerdoti, 45 i laici di varie categorie sociali e le donne in totale erano 47. Altri 124 martiri sono stati beatificati da Papa Francesco il 16 agosto 2014.
“Sottoposti al supplizio, consacrarono con il loro prezioso sangue gli inizi della Chiesa in Corea” ricorda il Martirologio Romano.
Oltre ad Andrea Kin Teagon, il primo sacerdote, si ricorda in modo particolare anche Paolo Chong Hasang, che fu un catechista, rifiutò l’abiura e venne decapitato insieme all’amico Agostino Nyon che aveva dato vita ad una petizione al Papa per richiedere un vescovo quando ancora non ne avevano uno.
La pace religiosa in Corea fu ottenuta soltanto nel 1822 dopo che il sangue di tutti questi uomini e donne era stato sparso per amore di Cristo.