Vescovo e Dottore della Chiesa, Sant’Anselmo d’Aosta fu un fine teologo che indagò a fondo come cercare Dio attraverso la ragione.
Sant’Anselmo d’Aosta è tra le personalità di maggior rilievo del Medioevo e con le sue opere teologiche ha dato un contributo al pensiero cristiano raggiungendo le più alte vette. Nacque ad Aosta intorno al 1033 da una ricca e nobile famiglia. La sua educazione fu affidata ad un parente che gli fece da istitutore.
In giovinezza ebbe problemi di ipocondria a causa dell’incomprensione del suo maestro. La madre allora lo affidò alle cure dei monaci benedettini di Aosta. A 15 anni Anselmo iniziò ad avvertire il desiderio diintraprendere la vita religiosa, ma il padre coleva destinarlo agli affari secolari e renderlo erede dei suoi beni. La vocazione religiosa si assopì per un po’ e fu attratto dai piaceri mondani. Entrato in conflitto con il padre Anselmo decise di abbandonare la famiglia e la patria e andò via in compagnia di un servo.
Trascorse tre anni tra la Borgogna e la Francia centrale, poi andò ad Avranches, in Normandia, e lì conobbe l’abbazia del Bec che aveva anche una scuola.
Il “Doctor Magnificus” che indaga il rapporto tra fede e ragione
Frequentando questa scuola e questa abbazia Anselmo iniziò a studiare e risultava eccellente negli studi. Contemporaneamente in lui emerse la vocazione che aveva messo da parte. L’incontro con il teologo Lanfranco da Pavia, che diventò il suo maestro, fu decisivo per la sua vita. Solo tre anni dopo, quando il maestro fu eletto abate in un altro monastero, Anselmo divenne il nuovo priore e il direttore della scuola claustrale di Bec.
Proprio in quegli anni compone il suo scritto più importante, il Monologion. In esso elaborò una dimostrazione a posteriori dell’esistenza di Dio, partendo dai diversi gradi di perfezione delle cose del mondo. Dopo scrisse anche il Proslogion, in cui era contenuto il cosiddetto “argomento ontologico”, come fu definito da filosofi di epoche successive. Con questo testo Anselmo cercò di provare l’esistenza di Dio con una dimostrazione a priori. Venne definito “Doctor Magnificus”.
Tra le sue opere c’è anche il De veritate in cui tratta il concetto della verità nelle sue varie applicazioni che riportano tutte alla somma Verità. C’è poi l’Epistola de incarnatione Verbi, dove si sofferma sul dogma della Trinità. ISi ricorda anche il Cur Deus homo, che riveste particolare importanza per la dottrina della Redenzione nella teologia cattolica.
L’esilio e la fine della vita
La fama di Anselmo si diffuse in tutta Europa e in particolare in Inghilterra. Il re Guglielmo II il Rosso lo nominò arcivescovo di Canterbury e nonostante non volesse dovette accettare. La chiesa inglese attraversava in quel periodo una profonda cristi a causa della simonia, della decadenza dei costumi e della violazione della libertà religiosa da parte del re.
Anselmo si adoperò per cercare di mettere fine a questi problemi e ovviamente si scontrò con il re. Fu mandato in esilio per due volte, dal re dell’epoca e dal suo successore. Andò a Roma, partecipò al Concilio di Bari, convocato per ricondurre all’unità della Chiesa gli aderenti allo scisma consumatosi nel 1054 tra Oriente ed Occidente. Nel 1106 il primate poté così ritornare nella sua sede e dedicare all’intenso lavoro pastorale gli ultimi anni della sua vita.
Era ormai malato e non poteva più camminare, così si faceva trasportare ogni giorno in chiesa per assistere alla Messa. Si racconta che sul letto di morte manifestò di avere il grande rimpianto di non aver avuto tempo sufficiente per poter approfondire con chiarezza il problema dell’origine dell’anima. Morì il 21 aprile 1109 a Canterbury e fu sepolto nella celebre cattedrale.
Nel 1163 avvenne l’equivalente di una canonizzazione perché il papa regnante concesse all’arcivescovo San Thomas Becket di procedere all’elevazione del corpo di Anselmo, suo predecessore. Successivamente nel 1720 fu proclamato Dottore della Chiesa. Ciò che rimane del suo pensiero è soprattutto il concetto teologico per cui la ragione umana ha il suo fondamento in quella divina: solo attraverso la grazia l’uomo può cogliere il proprio senso autentico.