Vergine romana uccisa per la sua fede in Cristo dopo il rifiuto ad un uomo, sant’Agnese è simbolo di castità, per questo rappresenta la purezza, e ha suscitato da sempre una grande devozione.
Sant’Agnese, la cui memoria liturgica è oggi 21 gennaio, rientra le sette antiche martiri il cui nome è presente nel Canone romano. Rappresenta la castità e la purezza per la sua storia: il rifiuto di un uomo e il desiderio di consacrarsi interamente a Dio.
Il suo stesso nome dal greco ha il significato di casto e puro. Per questo non si ha la certezza che si chiamasse realmente Agnese o che questo nome fosse stato attribuito a questa giovane cristiana martire che visse tra la fine del III e l’inizio del IV secolo.
Tra le fonti agiografiche da cui si conosce la sua storia c’è una Passio latina del V secolo che si basa sulla tradizione orale. Ma sant’Agnese è menzionata anche nel De Virginibus di san’Ambrogio che su di lei scriveva: “La verginità è degna di lode non tanto per essere professata dai martiri quanto perché essa stessa forma dei martiri“.
Sembra sia nata da una nobile famiglia cristiana di Roma nel 291 quando imperversava la persecuzione dell’imperatore Diocleziano. Già nell’infanzia sorge in legi la vocazione alla consacrazione religiosa. Quando arriva all’età di 13 anni e la sua bellezza giovanile inizia a manifestarsi il figlio del prefetto si invaghisce di lei.
Agnese però ha altri progetti e lo respinge. Lui tenta in ogni modo di convincerla: le offre regali e denaro, ma lei non cede. Perciò lui, sentendosi rifiutato decide di vendicarsi. Dal momento che Agnese era una cristiana, nonostante fosse una nobile romana, per lei non c’è scampo.
Così lui la denuncia alle autorità e la ragazza subisce il processo e la condanna a morte. Prima il giudice cerca di condurla ad abiurare, come era consuetudine nei confronti dei cristiani prigionieri. Ma Agnese con una fede salda e forte non ci pensa proprio e resiste imperterrita.
Agnese prima denudata in pubblico con la forza, e riesce a coprirsi solo con un estremo atto di pudore. Secondo l’Inno ad Agnese contenuto nel Peristephanon del poeta Prudenzio la santa era stata esposta in un postribolo.
Si pensa fosse il al Circo Agonale, nei pressi di quella che è l’attuale piazza Navona. Lì però avvenne qualcosa di insolito che si dimostrò segno di un’evidente protezione divina: nessuno dei frequentatori del luogo osò avvicinarsi a lei e importunarla.
Solo un giovane cercò di accostarsi con intenti malvagi, ma avvenne un evento prodigioso: si levò una luce abbagliante e lui rimase accecato dal bagliore di un angelo. Aveva perso la vista, ma la riebbe dopo che Agnese pregò per lui.
La sua sorte però era ormai segnata. Viene condotta alla morte e niente può più impedire il martirio. Nel luogo in cui viene umiliata e poi uccisa, ovvero l’attuale piazza Navona, sorge la bellissima chiesa di Sant’Agnese in agone.
La martire viene uccisa con un colpo di spada, per decapitazione o iugulazione, cioè con il taglio della gola, nel modo in cui venivano uccisi gli agnelli. Stando però a quanto riportato da san Damaso in un carme, l’uccisione di sant’Agnese avviene mediante il rogo. La data del martirio si colloca nel 304 circa.
Il culto di sant’Agnese si diffuse nei secoli successivi e fu molto vivo. Sant’Ambrogio la ricorda con queste parole “La sua consacrazione è superiore all’età, la sua virtù superiore alla natura: così che il suo nome mi sembra non esserle venuto da scelta umana, ma essere predizione del martirio, un annunzio di ciò che ella doveva essere. Ecco pertanto in una sola vittima un doppio martirio, di purezza e di religione“.
Il corpo di sant’Agnese dopo la morte viene sepolto nelle catacombe lungo la via Nomentana, che oggi portano il suo nome. Successivamente, la principessa Costantina, figlia di Costantino, fa costruire una collegiata con un mausoleo.
Trascorrono ancora altri secoli fin quando nell’ VII secolo, papa Onorio I fa erigere la grande basilica arricchita che c’è tuttora e viene impreziosita da una serie di affreschi che narrano la storia e la Passio della santa.
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