Esempio per i giovani di ogni tempo, San Luigi Gonzaga fu un’anima avida di purezza e satura di umiltà, al punto da rinunciare ai titoli nobiliari.
Morirà ancora in giovane età, poco più che ventenne, per essersi speso con generosità durante un’epidemia di peste.
La nascita di Luigi Gonzaga, avvenuta la mattina del 9 marzo 1568, fu salutata da diversi colpi di artiglieria. Con lui infatti – in quanto primo figlio – era assicurata la discendente del marchese Ferrante Gonzaga, signore di Castiglione delle Stiviere.
Lo aspettava una carriera da soldato, come auspicavano i parenti, primo fra tutti il padre che a soli quattro anni gli avrebbe fatto indossare una divisa militare. Per dargli un’educazione degna del suo rango e all’altezza dei tempi lo mandano alla Corte del Granduca di Toscana.
Un giovane principe attratto da una gloria tutt’altro che terrena
A Firenze la sua attenzione però non viene attirata dalle armi e dai cannoni. Il giovane Luigi è affascinato da ben altre attività. Come il raccoglimento mistico della Santissima Annunziata. Lì, davanti alla miracolosa immagine della Madonna dipinta, come si diceva, da un angelo, Luigi fa voto di verginità perpetua.
Al ritorno a Mantova il padre nota subito degli “strani” cambiamenti nel giovane rampollo che, malgrado fosse studiosissimo, ai trattati di arte militare mostra di preferire le Meditazioni quotidiane del Canisio.
Così il padre, quando viene nominato Gran Ciambellano alla Corte di Spagna, pensa di portare con sé il figlio, convinto che il fasto del più potente regno del mondo avrebbe sicuramente conquistato l’animo del giovinetto, posto al fianco, addirittura, del principe ereditario, Diego.
Diego però muore prematuramente, a riprova che la morte non guarda in faccia a nobili e non nobili, trattando potenti e umili allo stesso modo. Così Luigi si convince ancor più che la gloria terrena e la ricchezza da cui è circondato fin dalla nascita altro non sono che vanità delle vanità. Forse già allora gli attraversa un pensiero che metterà successivamente per iscritto: «Non conviene che ci crediamo grandi, a causa della nostra nascita: anche i principi son cenere come i poveri; forse, cenere puzzolente».
Giovane novizio dai gesuiti, è totalmente rassegnato alla volontà di Dio
E così a quattordici anni riesce a vincere la tenace resistenza del padre. Dopo aver rinunciato all’eredità e ai vari titoli che gli spettavano, entra nel noviziato romano dei gesuiti. Qui si affida alle cure di san Roberto Bellarmino. Nel Collegio dei Gesuiti, a Roma, stupisce tutti, a cominciare dal Bellarmino, per la sua intensa vita morale e spirituale, condita di umiltà, mortificazione e purezza.
«Che cosa faresti — gli chiede un giorno un compagno durante la ricreazione – se tu sapessi di dover morire all’istante?». «Continuerei a giocare», gli risponde con sicurezza Luigi sentendosi pronto, in ogni momento della sua vita, all’incontro con Dio, perfettamente rassegnato alla Sua volontà.
La carità di San Luigi Gonzaga verso i lebbrosi
Quando scoppia la peste che nel 1590 flagella Roma, Luigi è in prima fila a prodigarsi per prestare assistenza e occuparsi dei malati. Si racconta che una sera, trovato un appestato agonizzante, se lo sia caricato addosso. Incurante del pericolo, felice d’aver incontrato, sulla propria strada, Gesù Cristo sofferente.
Quell’atto di straordinaria carità gli sarà fatale. Ammalatosi di peste, morirà il 21 giugno 1591, nel giorno che aveva preconizzato. Proclamato santo nel 1726, verrà indicato ai giovani come esempio di vita integra, amante della purezza e nemico di ogni compromesso. Il giglio, simbolo di purezza, è rimasto l’emblema di questo principe che aveva rinunciato a ogni stemma nobiliare per seguire la chiamata di Cristo.