La Chiesa celebra oggi uno straordinario predicatore in grado di conquistare gli animi grazie a parole infuocate.
La sua straordinaria eloquenza gli veniva da un cuore coraggioso, umile e mansueto plasmato dalla vita di preghiera e penitenza.
San Lorenzo da Brindisi è importante non solo per la storia religiosa del suo secolo (il XVII) ma anche per quella militare, visto cosa rappresentò allora la battaglia vinta nel 1601 in Ungheria dall’armata cristiana contro i turchi.
A quella battaglia, svoltasi presso Alba Reale (Stuhlweissenburg), partecipò anche il santo cappuccino, capo dei cappellani (o, come si diceva allora, «elemosiniere») del condottiero Filippo Emanuele di Lorena. Impugnando una grossa croce, frate Lorenzo animò gli eserciti che contrastavano l’avanzamento dei turchi, ormai giunti sotto le mura di Vienna, nel pieno dell’Europa cristiana.
I prodigi di valore e abnegazione con il frate aveva rianimato e esortato con parole infuocate i soldati smarriti e sfiduciati nella guerra d’Ungheria gli valsero la definizione di «migliore soldato» dell’esercito cristiano da parte dell’imperatore.
Un frate che sapeva anche comandare
Nato a Brindisi nel 1559, alla nascita i genitori, i signori Russo, lo battezzano con un nome senza riferimenti religiosi, ma comunque molto impegnativo: Giulio Cesare. Per scappare dall’incubo delle scorribande turche sulle coste pugliesi la madre di Giulio Cesare, rimasta vedova del marito, si trasferisce col figlio a Venezia, dove vive un cognato.
Qui il giovane Giulio Cesare abbraccia la vocazione religiosa entrando a sedici anni nei Cappuccini di Verona, dove assume il nome di Lorenzo. Studia a Padova dove, oltre alla vastissima erudizione, impara molte lingue.
Diventato sacerdote, si segnala subito per la dottrina ferma e la capacità di comando. Nel 1596, a soli 37 anni, diventa definitore generale.
Intrepido difensore dell’ortodossia cattolica
Frate Lorenzo spicca anche come predicatore, missionario e valoroso difensore dell’ortodossia cattolica contro l’eresia. Papa Clemente VIII lo fa chiamare a Roma, per poi inviarlo in numerosi Paesi (Ungheria, Boemia, Belgio, Svizzera, Germania, Francia, Spagna, Portogallo).
Il santo cappuccino non è solamente un grande predicatore. Si rivela anche un fine diplomatico come ambasciatore della Santa Sede presso la corte di Spagna e di Baviera. Dopo la guerra coi turchi papa Paolo V lo incarica di mettere pace tra le potenze cristiane sempre in lite tra di loro, compito che il religioso assolve con l’umiltà e la mansuetudine dell’uomo di preghiera e penitenza.
Ha sessant’anni quando muore a Lisbona il 22 luglio 1619. Viene canonizzato nel 1881 da Papa Leone XIII. Diversi secoli più tardi, nel 1959, Giovanni XXIII lo proclamerà dottore della Chiesa, per la sua opera di teologo e di predicatore.