Martire spagnolo a cavallo tra il III e il IV secolo, San Vincenzo da Saragozza era un diacono che testimoniò la fede con fermezza fino alla morte.
Ammirato anche da Sant’Agostino che affermava quanto grande fosse il culto a San Vincenzo da Saragozza, questo martire e diacono nasce nella cittadina spagnola da una nobile famiglia. Riceve un’educazione cristiana e studia sotto la guida spirituale del vescovo Valerio di cui diventerà collaboratore.
All’età di 22 anni viene nominato diacono e si dedica alla predicazione. Era il periodo della persecuzione ai cristiani da parte dell’imperatore Diocleziano e il clima era estremamente teso. San Vincenzo insieme al vescovo Valerio viene portato a Valencia di fronte al prefetto Daciano. Devono subire le angherie dei soldati, vengono imprigionati e rimangono senza mangiare per più giorni.
L’audacia della fede che affronta il martirio
Sia San Vincenzo che il vescovo che gli aveva fatto da maestro spirituale affrontano l’interrogatorio con grande serenità. È un atteggiamento che colpisce i loro aguzzini. “La nostra fede è una sola. Gesù è il vero Dio: noi siamo suoi servi e testimoni. Non temiamo nulla nel nome di Gesù Cristo e vi stancherete prima voi a tormentarci che noi a soffrire. Non credere di piegarci né con la promessa di onori né con la minaccia di morte perché dalla morte che tu ci avrai dato saremo condotti alla vita” afferma il Santo.
Con fermezza, saldo nella fede e nella fiducia all’amore di Dio San Vincenzo accetta la sorte che gli spetta in quanto cristiano. Mentre il vescovo Valerio viene mandato in esilio a San Vincenzo spettano le torture, ma niente lo piega. Il Martirologio Romano sottolinea che il santo ha dovuto subire “il carcere, la fame, il cavalletto e le lame incandescenti“ tra i modi in cui venne torturato.
Spogliato viene anche legato con corde e passato sotto ruote che gli slogano le ossa e poi anche lacerato nella pelle con gli uncini di ferro. Lui si rivolgeva ai suoi carnefici dicendo: “Ti inganni, uomo crudele, se pensi di affliggermi distruggendo il mio corpo. C’è in me un essere libero e sereno che nessuno può violare. Cerchi di distruggere un vaso di argilla destinato a rompersi, ma invano ti sforzerai di toccare ciò che è dentro, che è soggetto solo a Dio“.
Il canto nella sofferenza
Nonostante altre torture, sul fuoco della graticola, poasto sul pavimento ricoperto di pietre appuntite e cocci di ceramica, San Vincenzo non la smette di cantare lode a Dio. Compone anche un inno nella prigione in cui era stato incarcerato. Lo sentono elevare la voce al Signore e la sua cella si illumina di una luce misteriosa e forte. Capita che qualcuno vedendo questo si converte.
Si narra che il pavimento si riempie di fiori e che San Vincenzo, il 22 gennaio del 304 muore beatamente tra le voci degli angeli. È considerato il primo martire di Valencia e sotto il governo dell’imperatore Costantino nella città spagnola viene fatta costruire una basilica in suo onore. Lì vengono poste le sue reliquie e prende avvio il culto a questo santo martire diffondendosi molto.
Quando ci fu l’invasione dei Mori il suo corpo è trasferito in Portogallo per essere conservato in un luogo sicuro, in una chiesa su un promontorio che prende il suo nome. Dopo la guerra della Spagna contro i Mori il suo corpo viene traslato a Lisbona.