Oggi la Chiesa celebra un martire che pregava per non perdere il buonumore. Amava la verità e aveva il senso dell’umorismo, due virtù invise ai tiranni di ogni tempo.
Dotto giurista, grande umanista e letterato, darà la vita come un profeta biblico per contrastare un re inebriato dal potere e dalla passione, convinto di poter signoreggiare anche sui comandamenti di Dio.
«Pregate Iddio per il re, che lo illumini e lo ispiri». Sono le parole che San Tommaso Moro (Thomas More) rivolse al boia prima che gli troncasse di netto la testa con la scure. Quel re non era altri che Enrico VIII, al quale Tommaso aveva sempre mostrato lealtà e amicizia, arrivando anche ad occupare posti di rilievo.
Bene, proprio quel re adesso mandava a morte il suo amico e fedele suddito di un tempo. Cosa era accaduto? Bisogna sapere che per un po’ di tempo Enrico VIII si era dimostrato un buon sovrano, difendendo i sacramenti cattolici contro quelle che aveva bollato come le «assurde novità» di Martin Lutero.
Un re che staccava le teste altrui dopo aver perso la propria
Per questa sua esaltazione dei sacramenti si era guadagnato anche il titolo di «difensore della fede», oltre a una rosa d’oro inviatagli personalmente dal Papa. Questo prima che Enrico perdesse la testa. Si era infatti invaghito di un’avvenente dama di corte, Anna Bolena. Il re decise di impalmare la sua nuova fiamma, ma per poter realizzare il suo sogno doveva avere dal Papa il permesso di divorziare dalla moglie, Cristina d’Aragona.
Il Papa naturalmente non poté rispondergli che non era in suo potere «sciogliere quel che Dio aveva unito». Enrico allora andò alla ricerca di appigli legali e umanissimi appoggi umani. Si rivolse così al suo cancelliere: il dottissimo umanista Tommaso Moro, fine uomo di lettere (autore della celebre Utopia) e giurista d’eccezione. Oltre che, s’intende, devotissimo al suo legittimo sovrano.
Ma Tommaso non poté ribadire, come gli aveva ricordato il romano pontefice, che la prima fedeltà dell’uomo va ai comandamenti di Dio, da anteporre alla stessa fedeltà verso la sua corona. Anche lui si rifiutò perciò di rendere “solubile” il matrimonio indissolubile. Ferito nell’orgoglio e reso cieco dalla passione, Enrico ci mise poco a cancellare stima e amicizia verso il suo fidato cancelliere, facendolo imprigionare.
Rimane sereno anche nella tribolazione e nella morte
Tommaso resterà fedele alla verità difesa con coraggio contro l’uomo più potente del regno. E quando il duca di Norfolk gli fece osservare che «l’ira del re significava la morte», il cancelliere rispose: «Quand’è così io morirò oggi, ma voi morrete domani». Un modo sottile per dire che, una volta violati i comandamenti di Dio e i princìpi morali, tutto sarebbe stato possibile nel regno d’Inghilterra, e la vita di tutti sarebbe stata in pericolo.
Rinchiuso nella Torre di Londra, Tommaso attese il processo, celebrato il 1° luglio 1535, scrivendo il memorabile Dialogo del conforto contro le tribolazioni. Una volta condannato a morte, l’uomo che aveva scritto la gustosissima Preghiera del buonumore salì il patibolo con grande serenità di spirito. E al carnefice disse, con stile tipicamente british: «Mi aiuti a salire il patibolo, a scendere ci penserò da solo».
Dopo aver intonato il salmo «Miserere», Tommaso si bendò da sé gli occhi. Dopodiché chinò il capo sul ceppo. Quando il carnefice gli mozzò la testa era il 6 luglio 1535.
La testa di Tommaso Moro, infissa su un palo, venne esposta sul Ponte di Londra. Prendendo il posto di un’altra testa: quella appartenuta al vescovo Giovanni Fisher, martirizzato per lo stesso motivo una quindicina di giorni prima del cancelliere. Com’è abitudine delle dittature di ogni tempo e luogo, che si alimentano di sangue e morti.
Preghiera del buonumore di San Tommaso Moro
Signore, donami una buona digestione e anche qualcosa da digerire.
Donami la salute del corpo e il buon umore necessario per mantenerla.
Donami, Signore, un’anima semplice che sappia far tesoro di tutto ciò che è buono e non si spaventi alla vista del male ma piuttosto trovi sempre il modo di rimetter le cose a posto.
Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo ingombrante che si chiama “io”.
Dammi, Signore, il senso del buon umore. Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo per scoprire nella vita un po’ di gioia e farne parte anche agli altri.
Amen