San Giovanni di Kety, italianizzato in Canzio, fu un grande sacerdote, capace di evangelizzare con la parola parlata e scritta, ma soprattutto con l’esempio.
La sua carità lasciava spesso a bocca aperta. I suoi inauditi gesti di generosità seppero convertire anche i peggiori malfattori. Come accadde a dei ladri che caddero in ginocchio ai suoi piedi, conquistati dalla sua testimonianza di amore.
Giovanni Kety, o Kenty, italianizzato in Canzio, nasce nel 1390 in Polonia, a Kety, vicino a Cracovia (presso Auschwitz). Amante dello studio, si laurea presto in filosofia e in teologia, intraprendendo l’insegnamento e la predicazione. Nel frattempo infatti si era fatto sacerdote, a 34 anni.
In quel periodo nella Polonia cattolica circolavano le teorie degli eretici hussiti. E le sapienti parole di Giovanni Canzio, alimentate da una vita di penitenza e dalla carità, saranno per molti un balsamo e faranno da guida spirituale a tanti.
I sovrani lo chiamano a insegnare religione ai figli, e riceve inviti anche dalla corte e dall’alta società polacca. Si racconta che un giorno, mentre si stava recando a un pranzo in abiti dimessi, i camerieri lo avessero allontanato. Venne ammesso solo dopo essere ritornato vestito a festa. E quando, per disattenzione, qualcuno gli versò della salsa addosso sporcandogli l’abito, il santo disse: «È giusto che il mio abito assaggi un po’ di salsa, perché l’invitato a pranzo è lui, non io».
Oltre a insegnare, predicare e scrivere, San Giovanni di Canzio viaggiò anche molto. Andò infatti in pellegrinaggio a Roma, sulla via infestata dai predoni, e a Gerusalemme, dove non ebbe timore di predicare ai Saraceni. Lo fece, a rischio del martirio, con la sua parola piena di cordialità e capace di avvincere le persone. Lui invece riuscì a rientrare in Polonia, dove morì molto in là con gli anni a Cracovia, alla viglia di Natale del 1473, in chiara fama di santità.
Di lui si racconta un singolare gesto di generosità verso una banda di malviventi. Accadde proprio mentre era in viaggio verso Roma. Un giorno, alcuni rapinatori lo aggredirono minacciandolo e intimandogli di consegnare loro tutte le ricchezze che aveva addosso. Giovanni Canzio obbedì prontamente. «Hai nient’altro?» gli chiesero i ladri. Lui rispose di no e i predoni si allontanarono alla svelta. Ma frugando meglio tra le pieghe dell’abito, Giovanni si accorse di avere ancora alcune monete. Turbato dall’involontaria menzogna, cominciò a rincorrere i rapinatori, gridando a gran voce: «Vi ho mentito! Non è vero che non avessi più nulla. Ho trovato queste monete».
Si dice che i ladri, davanti a questo gesto inaudito, si siano convertiti all’istante, finendo non solo per cadere in ginocchio ai piedi del santo ma anche col restituirgli il maltolto. Questi malfattori furono senz’altro i più singolari, ma non gli unici a essere convertiti da questo irresistibile missionario capace di evangelizzare con la parola e la penna, ma soprattutto con la sua testimonianza e il suo esempio.
E quello verso i ladri non fu nemmeno l’unico suo gesto di generosità, soprattutto verso i poveri e i malati. Si ricorda che una volta, quando studiava, avesse donato tutta la sua razione giornaliera di cibo a un mendicante che aveva bussato alla porta. Da allora in avanti, nel refettorio studentesco, si impose una nuova usanza. «Viene un povero» si diceva quando si presentava un mendicante alla porta. Parole alla quali si rispondeva così: «Viene Gesù Cristo», onorando così le parole, ma soprattutto l’esempio di Giovanni Canzio.
Sarà canonizzato da papa Clemente XIII nel 1767
San Giovanni Canzio, aiutaci ad essere misericordiosi, perché sappiamo istruire con amore gli ignoranti; attraverso una sincera ricerca della verità, che ci rende liberi. Che attraverso la tua preghiera lo Spirito Santo scenda su di noi e ci santifichi; affinché noi possiamo essere pazienti e sinceri. Che lo Spirito Santo illumini i nostri pensieri e i nostri cuori, perché nella saggezza possiamo assistere il nostro prossimo.
Amen
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