San Policarpo, discepolo di San Giovanni evangelista e vescovo, è ricordato per per la forza sconvolgente del suo martirio.
Mentre i suoi carnefici lo martirizzavano, la folla che invocava la sua morte assisterà a un’incredibile fenomeno che ci è stato trasmesso dalle testimonianze.
Vescovo e discepolo di San Giovanni
Policarpo è ricordato, oltre che per essere stato vescovo di Smirne, anche per essere stato discepolo di San Giovanni evangelista. Un’esistenza che potrebbe anche apparire piuttosto lineare quella di Policarpo, vissuta all’ombra del grande apostolo. Una vita illuminata e magnificata però dal suo martirio.
Ci è rimasta infatti una diretta e verace testimonianza del martirio di San Policarpo, trasmessa da una lettera che impressiona per la sua precisione. In essa si racconta come Policarpo, timoroso a causa della propria debolezza, si sia nascosto una volta appreso di essere braccato dai suoi persecutori. Un timore «in virtù dell’umile diffidenza verso se stesso». Policarpo, ormai vecchio, non poteva fare molto conto sulle sue forze.
Perciò nel suo nascondiglio pregava il Salvatore di donargli la perseveranza e il coraggio necessari per far fronte alla prova, se fosse stato necessario farlo.
Catturato e condannato a essere sbranato dalle belve
I suoi persecutori finirono per scovarlo all’interno in un granaio in campagna, dopodiché lo condussero in città. Lungo la strada provarono a convincerlo a sacrificare all’Imperatore. Ma il vecchio vescovo scosse la testa e disse: «No, no, non è possibile che io possa far questo».
Condotto fino nell’Anfiteatro, dove una folla di pagani smaniava dalla voglia di vederlo divorato dalle belve, gli fu detto: «Risparmia la tua vecchiaia. Rendi omaggio al genio dell’Imperatore». Ma Policarpo, una volta ancora, scuoterà il capo incanutito dall’età.
Nel frattempo la folla gridava attorno a lui. « Dà soddisfazione al popolo», gli disse il Proconsole. «Il popolo, – replicò Policarpo — non è tribunale competente dinanzi al quale mi debba giustificare». «Io ho a mia disposizione le fiere», ribatté a sua volta il Proconsole. «Fate venire le fiere», rispose il vecchio Policarpo con serenità, senza alcuno spirito di provocazione. «Io ti posso far bruciar vivo», lo minacciò allora il Proconsole.
«Il fuoco che mi minacci, brucia un momento, poi passa: io temo invece il fuoco eterno
della dannazione». Mentre Policarpo testimoniava la sua fede profondissima e incrollabile, la folla tumultuava, inferocita e assetata di sangue: «Egli è il grande dottore dell’Asia, è il padre dei cristiani; il distruttore degli dèi. Alle belve».
L’ora dello spettacolo però era passata e per quella giornata le belve non sarebbero potute rientrare nel circo. Allora si raccolse in fretta la legna per appiccare il rogo. Quando le guardie portarono le catene, Policarpo pregò: «Lasciatemi come sono». Poi si levò la tunica e i calzari. Una volta in cima alla catasta di legno disse una bellissima preghiera che terminava con queste parole altrettanto belle: «Siate dunque benedetto sempre, Signore; che il vostro nome adorabile sia glorificato in tutti i secoli».
Il martirio di San Policarpo
Poi gli aguzzini appiccarono il fuoco, che divampò avvolgendo il corpo del santo vescovo di Smirne. Si racconta che mentre bruciava il corpo di Policarpo abbagliasse la vista col suo splendore, tanta era la luce che emanava. Era l’anno 156. Come racconta la testimonianza, le ceneri del martire della fede e alcune ossa rimaste saranno raccolte e conservate come se fossero oro e pietre preziose.