Luigi Maria Ranieri, chierico barnabita, morì a soli 23 anni cercando di rimanere fedele al suo ideale religioso nel difficile periodo della Grande guerra.
Aveva ben chiaro che la vera felicità si trova nell’unione con Dio. Una volta scrisse: «Non sarò felice se non sarò santo».
Luigi Maria Raineri nasce a Torino il 19 novembre 1895, terzo degli otto figli di Enrico Raineri e di Angelica Carpignano. Tre di loro diventeranno frati domenicano, uno entrerà tra i Fratelli delle Scuole Cristiane.
Papà e mamma trasmettono ai figli una fede autentica e sincera. Il piccolo Luigi ha un temperamento vivace, che cambia dopo aver ricevuto i sacramenti. Allora inizia a sopportare pazientemente i compagnucci verso i quali in precedenza si era dimostrato insofferente.
Nel 1908, dopo aver terminato gli studi elementari, entra nella Scuola apostolica dei Barnabiti a Genova. Comincia l’anno di noviziato a Monza nel 1913, per emettere la professione religiosa l’8 novembre 1914. Aggiunge al suo nome quello di Maria e in quaderno annota questo pensiero: «Non sarò felice se non sarò santo».
Alla fine del 1915 riceve la tonsura e gli ordini minori. L’anno successivo, malgrado la salute cagionevole, viene dichiarato idoneo alla leva militare dopo essere stato rinviato due volte. Alla terza volta viene dunque arruolato nell’esercito che combatte durante la prima guerra mondiale.
Trascorre il periodo militare a Torino e a Tortona. Nel 1918 lo spediscono a Caserta per il Corso “Allievi Ufficiali”. Da qui riesce a rimanere in contatto coi Barnabiti di Roma e, grazie a una licenza, a sostenere alcuni esami di teologia. Successivamente viene mandato a Bra e da qui, a inizio novembre 1918, viene inviato in linea a Guardianboschi, frazione di Crespano, sul Monte Grappa.
Il suo dispiacere più grande, nel periodo della guerra, è l’impossibilità di prendere parte alla Santa Messa e di poter ricevere l’Eucarestia tutti i giorni. Cerca comunque di evangelizzare e trasmettere la fede regalando libretti di preghiera, dando qualche consiglio morale e consolando quelli che si trovano nella sofferenza. La sua è una fede semplice e profonda, che vive di speranza e concede un credito illimitato alla Provvidenza di Dio. Ad alimentare la sua grande carità, che si manifesta in gesti concreti di attenzione per il prossimo, è l’intensa vita di preghiera.
Dopo va a Brescia, dove resta per un breve periodo finché non riceve l’ordine di andare a Montruglio, in provincia di Vicenza. Il 14 novembre 1918, malgrado l’armistizio stipulato tre giorni prima, gli ordinano di non lasciare la posizione alle pendici del Monte Grappa, presso Crespano e Paderno, in provincia di Treviso. Lui obbedisce come sempre e per due ore circa rimane in piedi, esposto al vento di tramontana e al freddo di montagna. Per la sua gracile salute è il colpo di grazia. Il suo fisico rimane compromesso, al punto che deve essere trasferito nell’ospedaletto di Crespano, dove i dottori gli diagnosticano una broncopolmonite che gli impedisce perfino di parlare.
Accetta l’ultima malattia con serenità, sapendo di essere prossimo all’incontro col Padre. Muore a Crespano il 24 novembre 1918 dopo aver ricevuto l’Unzione degli Infermi. Il 7 novembre 2018 papa Francesco lo dichiarerà Venerabile.
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