«Amate l’Amore, amate l’Amore!» disse durante una delle sue estasi Maria Maddalena de’ Pazzi, una delle più grandi mistiche di sempre.
Rivelazioni, rapimenti mistici, estasi sfolgoranti. Ma anche notti dello spirito e abissali deserti dell’anima. Saranno questi i segni principali della vita di questa monaca carmelitana entrata giovanissima in convento.
Alla nascita fu battezzata col nome di Caterina, lo stesso della grande Santa di Siena. Come lei avrà visioni mistiche e una missione da riformatrice attraverso lettere di fuoco e di luce. Era nata però non a Siena ma a Firenze, nel 1566, rampolla di una delle più famose famiglie della città: la famiglia dei Pazzi, il nome della quale, un secolo prima, si era legato per sempre alla sanguinosa cospirazione contro i rivali Medici.
Fin da piccola Caterina dimostra una stupefacente precocità nella vita spirituale. Invidia – di una santa invidia – la madre le volte che può accostarsi alla Santa Comunione. I Padri Gesuiti si accorgono del grande desiderio di quella bimba, oltre che della sua maturità spirituale. E decidono così, fatto alquanto insolito per il tempo, quasi scandaloso persino, di farla comunicare ad appena dieci anni di età.
Quando ne ha diciotto, Caterina vuole entrare in convento. Sceglie il Carmelo, perché soltanto lì le monache prendevano quotidianamente la Comunione. Cambiando stato e condizione di vita, cambia anche il suo nome: prende quello di Maria Maddalena.
Ben presto la vita di questa giovanissima religiosa si rivela una continua immersione spirituale fatta di estasi, rivelazioni, mistici rapimenti. Il direttore spirituale dà disposizioni a tre suore affinché raccolgano tutte quelle rivelazioni che poi, sottoposte a rigoroso esame teologico, risulteranno di una sublime elevatezza mistica e di una straordinarie precisione sul piano della dottrina.
Suor Maria Maddalena, nei suoi rapimenti, non manca di rivelare le cause profonde dei mali che affliggono la Chiesa, le carenze spirituali del clero e dei religiosi, aspramente rimproverati dalla veggente fiorentina.
Dopo questa inarrestabile sorgente luminosa, per Maria Maddalena de’ Pazzi arriveranno cinque lunghi anni segnati da una profonda aridità spirituale. Per lei giungerà il momento della tentazione, col Maligno che la insidierà suggerendole bestemmie e pensieri impuri.
Ma la giovane suora rimane ferma nella sua volontà e nella Pentecoste del 1590 lo Spirito Santo tornerà di nuovo a irrorarla di letizia spirituale e di estasi celesti. Rapita nuovamente da un «eccesso d’amore» si mette a correre per il monastero a suonare le campane, gridando alle consorelle: «Amate l’Amore, amate l’Amore…».
Sarà una costante della sua vita: l’alternarsi di periodi di estasi inebrianti e di lunghe pause di buio, di aridità, di notte purificatrice. Aridità spirituale alla quale si aggiungeranno anche i dolori fisici, la malattia. Nel 1604 comincia per lei infatti il periodo del «nudo patire» che cesserà soltanto con la morte: il suo corpo si ricopre di piaghe dolorose e la sua carne viene segnata dalle stimmate.
Divenuta maestra delle novizie e poi superiora, attende i suoi doveri in maniera esemplare. Soffre e offre senza mai stancarsi, malgrado il deserto dello spirito e la notte che ne avvolgono l’anima. Trova sempre la forza di ripetere «pati non mori» (patire non morire).
La grande mistica umile nelle sfolgoranti estasi come nel dolore più estremo entra nella vita celeste il 25 maggio 1607. A un anno di distanza dalla sua morte il suo corpo riesumato viene trovato intatto, fresco e flessibile. Papa Clemente IX ne riconoscerà la santità nel 1669.
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