Una vita passata con i giovani, in particolare con coloro che frequentano l’oratorio, e mai li abbandona. Concentra la sua vita nell’accogliere il mistero del dolore che, in particolare dopo la guerra, affligge i più giovani e i più indifesi.
L’ultimo atto d’amore della sua vita sarà, proprio, fatto per due ragazzi ciechi, donando se stesso.
In questo venticinquesimo giorno del mese di ottobre, la chiesa venera il Beato Don Carlo Gnocchi. E’ stato un presbitero, educatore, attivista e scrittore italiano. È stato cappellano militare degli alpini durante la Seconda guerra mondiale e, a seguito proprio della tragica esperienza di guerra, si adopera ad alleviare le piaghe di sofferenza e di miseria create da quest’ultima.
Carlo cresce in un ambiente molto devoto e fervente, e l’assidua frequentazione alle funzioni, lo avvicina a don Luigi Ghezzi, coadiutore, che lo affianca nella scelta di entrare in seminario. Viene ordinato sacerdote nel 1925.
Allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, don Gnocchi parte volontario nel Battaglione alpini “Val Tagliamento”, destinato al fronte greco/albanese. Sopravvissuto al conflitto, raccoglie dai feriti e dai malati le loro ultime volontà, che lo porteranno, al rientro in patria, ad un viaggio per la penisola, messaggero tra le famiglie degli scomparsi.
A guerra finita, don Gnocchi sente come suo dovere di accorrere in aiuto di quella parte dell’infanzia che è stata colpita più duramente. Il 28 febbraio 1956 verso le 18:45 con un crocifisso fra le mani, donatogli dalla madre anni prima, sale al cielo. La metastasi del tumore che l’ha colpito, ha raggiunto lo scheletro e l’apparato respiratorio.
Morendo fa dono delle sue cornee a due giovani ciechi, ospiti della sua fondazione.
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O Dio, che sei Padre,
e in Gesù Cristo ci rendi fratelli,
ti ringraziamo
per il dono di don Carlo Gnocchi
che la Chiesa venera come Beato.
Donaci
la sua fede profonda,
la sua speranza tenace,
la sua carità ardente,
perché possiamo continuare,
sul suo eroico esempio,
a servire la vita di ogni uomo
«percosso e denudato dal dolore».
Don Carlo ci insegni
a cercarti ogni giorno tra i più fragili,
negli occhi casti dei bimbi,
nel sorriso stanco dei vecchi,
nel crepuscolo dei morenti
per amarti ogni giorno
con «l’inesausto travaglio della scienza,
con le opere dell’umana solidarietà
e nei prodigi della carità soprannaturale».
Amen
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