Il santo vescovo di Alessandria difese fino all’ultimo dei suoi giorni un “mattone” fondamentale della fede cristiana.
In quel tempo imperversava infatti un’insidiosa eresia che metteva in dubbio perfino la divinità del Salvatore degli uomini.
Sant’Alessandro, vescovo di Alessandria in Egitto, dal 312 al 326, è stato uno dei principali protagonisti della lotta contro l’eresia ariana.
Pare infatti che proprio per invidia della nomina di Alessandro a vescovo di Alessandria, Ario, che ambiva a quella carica abbia dato inizio alla sua insidiosa e erronea predicazione. Ad Ario non mancavano cultura, erudizione, eloquenza. Virtù che, unite a un temperamento intrigante, metterà al servizio di una sua dottrina secondo la quale solamente il Padre sarebbe stato Dio, mentre a Gesù Ario riservava un posto da pura creatura. La più eccelsa tra le creature, ma pur sempre inferiore al Padre, non eterna né divina. Né Dio né uomo, ma una sorta di demiurgo, un intermediario tra Dio Padre e le sue creature.
Alessandro intuì immediatamente la pericolosità di una dottrina come quella di Ario che portava la disgregazione in seno alla Santissima Trinità. Il vescovo di Alessandria cercò di persuadere e correggere Ario, che avendo raccolto un grande seguito da parte di molti monaci – e anche di alcuni vescovi – già si sentiva caposcuola e maestro di fede.
Alessandro convocherà allora un concilio che vedrà la partecipazione di un centinaio di vescovi dell’Egitto e della Libia e che condannerà per la prima volta la dottrina di Ario. Il vescovo di Alessandria scriverà poi decine di lettere ai vescovi che sostenevano l’arianesimo per avvisarli contro l’errore.
Infine chiederà l’intervento di papa Silvestro, perché prendesse posizione, con tutto il peso della sua autorità pontificia, nella controversia che rischiava di portare divisione in seno al corpo ecclesiale. Nella disputa finisce per intervenire anche l’imperatore Costantino che cerca di comporre salomonicamente il dissidio, dividendo le “colpe” a metà tra Alessandro e Ario.
Un giudizio, quello dell’imperatore che divideva a metà l’errore e la verità, troppo “politico”. La Chiesa, che non poteva adottare un simile criterio, convocherà nel 325 il celebre concilio di Niceo che vedrà prevalere un ormai anziano Alessandro, efficacemente supportato dal suo diacono, il grande Atanasio. La condanna della dottrina di Ario troverà a Nicea una solenne conferme e sarà dichiarata eretica.
Rientrato nella sua diocesi, Alessandro respingerà le sollecitazioni dell’imperatore Costantino affinché raccogliesse l’eretico Ario – vinto nella controversia ma non convinto di avere torto – nella comunità ecclesiale.
Alessandro, che aveva un carattere dolce, si mostrava fermo e intransigente davanti all’errore. La verità, infatti, poteva essere solo una, intangibile e inviolabile: la verità proclamata solennemente a Nicea dai legittimi pastori e maestri nella fede della Chiesa.
Una verità che risuona ancora nella professione di fede del «Credo» e che Alessandro difenderà con tutte le sue forze da chi come Ario provava ancora a eluderla con sottigliezze. Il vecchio vescovo di Alessandria la sosterrà fino all’ultimo dei suoi giorni. Morirà poco dopo aver fatto rientro ad Alessandria.
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